CARTE DEL RESTAURO
Carta Di Atene (1931)
Conferenza Internazionale di Atene.
I - La Conferenza, convinta che la conservazione del patrimonio artistico ed archeologico dell'umanità interessi tutti gli Stati tutori della civiltà, augura che gli Stati si prestino reciprocamente una collaborazione sempre più estesa e concreta per favorire la conservazione dei monumenti d'arte e di storia; ritiene altamente desiderabile che le istituzioni e i gruppi qualificati, senza minimamente intaccare il diritto pubblico internazionale, possano manifestare il loro interesse per la salvaguardia dei capolavori in cui la civiltà ha trovato la sua più alta espressione e che appaiono minacciati; emette il voto che le richieste a questo effetto siano sottoposte alla organizzazione della cooperazione intellettuale, dopo inchieste fatte dall'Ufficio internazionale dei musei e benevola attenzione dei singoli Stati. Spetterà alla Commissione internazionale della cooperazione intellettuale, dopo richieste fatte dall'Ufficio internazionale dei musei e dopo aver raccolto dai suoi organi locali le informazioni utili, di pronunciarsi sulla opportunità di passi da compiere e sulla procedura da seguire in ogni caso particolare.
II - La Conferenza ha inteso la esposizione (lei principi generali e delle dottrine concernenti la protezione di monumenti. Essa constata che, pur nella diversità dei casi speciali a cui possono rispondere particolari soluzioni, predomina nei vari Stati rappresentati una tendenza generale ad abbandonare le restituzioni integrali e ad evitare i rischi mediante la istituzione di manutenzioni regolari e permanenti atte ad assicurare la conservazione degli edifici.
Nel caso in cui un restauro appaia indispensabile in seguito a degradazioni o distruzioni, raccomanda di rispettare l'opera storica ed artistica del passato, senza proscrivere lo stile di alcuna epoca. La Conferenza raccomanda di mantenere, quando sia possibile, la occupazione dei monumenti che ne assicura la continuità vitale, purché tuttavia la moderna destinazione sia tale da rispettare il carattere storico ed artistico.
III - La Conferenza ha inteso la esposizione delle legislazioni aventi per scopo nelle differenti nazioni la protezione dei monumenti d'interesse storico, artistico o scientifico; ed ha unanimemente approvato la tendenza generale che
consacra in questa maniera un diritto della collettività di contro all'interesse privato. Essa ha constatato come la differenza di queste legislazioni provenga dalla difficoltà di conciliare il diritto pubblico col diritto dei particolari;ed in conseguenza, pur approvandone la tendenza generale, stimano che debba essere appropriata alle circostanze locali ed allo stato dell'opinione pubblica, in modo da incontrare le minori opposizioni possibili e di tener conto dei sacrifici che i proprietari subiscono nell'interesse generale.
Essa emette il voto che in ogni Stato la pubblica autorità sia investita del potere di prendere misure conservative nei casi d'urgenza. Essa augura in fine che l'Ufficio internazionale dei musei pubblici tenga a giorno una raccolta ed
un elenco comparato delle legislazioni vigenti nei differenti Stati su questo oggetto.
IV - La Conferenza constata con soddisfazione che i principi e le tecniche esposte nelle differenti comunicazioni particolari si ispirano ad una comune tendenza, cioè: quando si tratta di rovine, ma conservazione scrupolosa si impone, e, quando le condizioni lo permettono, è opera felice il rimettere in posto gli elementi originari ritrovati (anastilosi); e i materiali nuovi necessari a questo scopo dovranno sempre essere riconoscibili. Quando invece la conservazione di rovine messe in luce in uno scavo fosse riconosciuta impossibile, sarà consigliabile, piuttosto che votarle alla distruzione, di seppellirle nuovamente, dopo, beninteso, averne preso precisi rilievi. È ben evidente che la tecnica dello scavo e la conservazione dei resti impongono la stretta collaborazione tra l'archeologo e l'architetto. Quanto agli altri monumenti, gli esperti, riconoscendo che ogni caso si presenta con carattere speciale, si sono trovati d'accordo nel consigliare, prima di ogni opera di consolidamento o di parziale restauro, una indagine scrupolosa delle malattie a cui occorre portare rimedio.
V - Gli esperti hanno inteso varie comunicazioni relative all'impiego di materiali moderni per il consolidamento degli antichi edifici; ed approvano l'impiego giudizioso di tutte le risorse della tecnica moderna, e più specialmente del cemento armato.
Essi esprimono il parere che ordinariamente questi mezzi di rinforzo debbano essere dissimulati per non alterare l'aspetto e il carattere dell'edificio da restaurare; e ne raccomandano l'impiego specialmente nei casi in cui essi permettono di conservare gli elementi in sito evitando i rischi della disfattura e della ricostruzione.
VI - La conferenza constata che nelle condizioni della vita moderna i monumenti del mondo intero si trovano sempre più minacciati dagli agenti esterni; e, pur non potendo formulare regole generali che si adattino alla complessità dei casi, raccomanda:
1) la collaborazione in ogni paese dei conservatori dei monumenti e degli architetti coi rappresentanti delle scienze fisiche, chimiche, naturali per raggiungere risultati sicuri di sempre maggiore applicazione;
2) la diffusione, da parte dell'Ufficio internazionale dei Musei, di tali risultati mediante notizie sui lavori intrapresi nei vari Paesi e le regolari pubblicazioni.
La Conferenza, nei riguardi della conservazione della scultura monumentale, considera che l'asportazione delle opere dal quadro per quale furono create è come principio da ritenersi inopportuna. Essa raccomanda a titolo di precauzione la conservazione dei modelli originari, quando ancora esistono, e l'esecuzione dei calchi quando essi mancano.
VII - La Conferenza raccomanda di rispettare, nelle costruzioni degli edifici, il carattere e la fisionomia della città, specialmente in prossimità dei monumenti antichi, per i quali l'ambiente deve essere oggetto di cure particolari. Uguale rispetto deve aversi per talune prospettive particolarmente pittoresche.
Oggetto di studio possono anche essere le piantagioni e le ornamentazioni vegetali adatte a certi monumenti per conservare l'antico carattere. Essa raccomanda soprattutto la soppressione di ogni pubblicità, di ogni sovrapposizione abusiva di pali e fili telegrafici, di ogni industria rumorosa ed invadente, in prossimità di monumenti d'arte e di storia.
VIII - La Conferenza emette il voto:
1. che i vari Stati, ovvero le istituzioni in essi create o riconosciute competenti a questo fine, pubblichino un inventario dei monumenti storici nazionali accompagnato da fotografie e da notizie;
2. che ogni Stato crei un archivio ove siano conservati i documenti relativi ai propri monumenti storici;
3. che l'Ufficio internazionale (lei Musei dedichi nelle sue pubblicazioni alcuni articoli ai procedimenti ed ai metodi di conservazione dei monumenti storici;
4. che l'Ufficio stesso studi la migliore diffusione ed utilizzazione delle indicazioni e dei dati architettonici, storici e tecnici così centralizzati
IX - I membri della Conferenza, dopo aver visitato, nel corso dei loro lavori e della crociera di studio eseguita, alcuni dei principali campi di scavo e dei monumenti antichi della Grecia, sono stati unanimi nel rendere omaggio al Governo ellenico, che da lunghi anni mentre ha assicurato esso stesso l'attuazione di lavori considerevoli, ha accettato la collaborazione degli archeologi e degli specialisti di tutti i paesi. Essi hanno in ciò veduto un esempio che non può che contribuire alla realizzazione degli scopi di cooperazione intellettuale, di cui è apparsa così viva la necessità nel corso dei loro lavori.
X - La Conferenza, profondamente convinta che la miglior garanzia di conservazione dei monumenti e delle opere d'arte venga dall'affetto e dal rispetto del popolo e considerando che questi sentimenti possono essere assai favoriti da una azione appropriata dei pubblici poteri, emette il voto che gli educatori volgano ogni cura ad abituare l'infanzia e la giovinezza ad astenersi da ogni atto che possa degradare i monumenti e le inducano ad intendere il significato e ad interessarsi, più in generale, alla protezione delle testimonianze d'ogni civiltà.
Carta Italiana del restauro (1932)
Consiglio Superiore per Le Antichità e Belle Arti.
Norme per il restauro dei
monumenti.
Premessa
Il Consiglio Superiore per le Antichità e Belle Arti portando il suo studio sulle norme che debbono reggere il restauro dei monumenti, il quale in Italia si eleva al grado di una grande questione nazionale, e edotto dalla necessità di mantenere e di perfezionare sempre più il primato incontestabile che in tale attività, fatta di scienza, di arte e di tecnica, il nostro paese detiene:
- convinto della multipla e gravissima responsabilità che ogni opera di restauro coinvolge (sia che si accompagni o no a quella dello scavo) con l'assicurare la stabilità di elementi fatiscenti; col porre le mani su di un complesso di documenti di storia ed arte tradotti in pietra, non meno preziosi di quelli che si conservano nei musei e negli archivi, col consentire studi anatomici che possono avere come risultato nuove impreviste determinazioni nella storia dell'arte e della costruzione;
- convinto perciò che nessuna ragione di fretta, di utilità pratica, di personale suscettibilità possa imporre in tale tema manifestazioni che non siano perfette, che non abbiano un controllo continuo e sicuro, che non corrispondano ad una ben affermata unità di criteri, e stabilendo come evidente che tali principi debbano applicarsi sia al restauro eseguito dai privati sia a quelli dei pubblici enti, a cominciare dalle stesse Sopraintendenze preposte alla conservazione e alla indagine dei monumenti
- considerato che nell'opera di restauro debbano unirsi ma non elidersi, neanche in parte, vari criteri di diverso ordine: cioè le ragioni storiche che non vogliono cancellata nessuna delle fasi attraverso cui si è composto il monumento, né falsata la sua conoscenza con aggiunte che inducano in errore gli studiosi, né disperso il materiale che le ricerche analitiche pongono in luce;
- considerato il concetto architettonico che intende riportare il monumento ad una funzione d'arte e, quando sia possibile, ad una unità di linea (da non confondersi con l'unità di stile); il criterio che deriva dal sentimento stesso dei cittadini, dallo spirito della città, con i suoi ricordi e le sue nostalgie; e infine, quello stesso indispensabile che fa capo alle necessità amministrative attinenti ai mezzi occorrenti e alla pratica utilizzazione;
- ritiene che dopo oltre un trentennio di attività in questo campo svoltosi nel suo complesso con risultati magnifici, si possa e si debba trarre da questi risultati un complesso di insegnamenti concreti a convalidare e precisare una teoria del restauroormai stabilita con continuità nei deliberati del Consiglio Superiore e nell'indirizzo seguito dalla maggior parte delle Soprintendenze alle Antichità e all'Arte Medievale e moderna; e di questa teoria controllata dalla pratica enuncia i principi essenziali.
Esso afferma pertanto:
1. che al di sopra di ogni altro intento debba la massima importanza attribuirsi alle cure assidue di manutenzione alle opere di consolidamento, volte a dare nuovamente al monumento, la resistenza e la durevolezza tolta dalle menomazioni o dalle disgregazioni;
2. che il problema di ripristino mosso dalle ragioni dell'arte e dell'unità architettonica strettamente congiunte con il criterio storico, possa porsi solo quando si basi su dati assolutamente certi forniti dal monumento da ripristinare e non su ipotesi, su elementi in grande prevalenza esistenti anziché su elementi prevalentemente nuovi
3. che nei monumenti lontani ormai dai nostri usi e dalla nostra civiltà, come sono i monumenti antichi, debba ordinariamente escludersi ogni completamento, e solo sia da considerarsi la anastilosi, cioè la ricomposizione di esistenti parti smembrate con l'aggiunta eventuale di quegli elementi neutri che rappresentino il minimo necessario per integrare la linea e assicurare le condizioni di conservazione;
4. che nei monumenti che possono dirsi viventi siano ammesse solo quelle utilizzazioni non troppo lontane dalle destinazioni primitive, tali da non recare negli adattamenti necessari alterazioni essenziali all'edificio;
5. che siano conservati tutti gli elementi aventi un carattere d'arte o di storico ricordo, a qualunque tempo appartengono, senza che il desiderio di unità stilistica e del ritorno alla primitiva forma intervenga ad escluderne alcuni a detrimento di altri, e solo possano eliminarsi quelli, come le murature di finestre e di intercolunni di portici che, privi di importanza e di significato, rappresentino deturpamenti inutili; ma che il giudizio di tali valori relativi e sulle rispondenti eliminazioni debba in ogni caso essere accuratamente vagliato, e non rimesso ad un giudizio personale dell'autore di un progetto di restauro;
6. che insieme col rispetto per il monumento e per le sue varie fasi proceda quello delle sue condizioni ambientali, le quali non debbano essere alterate da inopportuni isolamenti, da costruzioni di nuove fabbriche invadenti per massa, per colore, per stile;
7. che nelle aggiunte che si dimostrassero necessarie, o per ottenere il consolidamento, o per raggiungere lo scopo per una reintegrazione totale o parziale, o per la pratica utilizzazione del monumento, il criterio essenziale da eseguirsi debba essere, oltre a quello di limitare tali elementi nuovi al minimo possibile, anche quello di dare ad essi un carattere di nuda semplicità e di rispondenza allo schema costruttivo; e che solo possa ammettersi in stile similare la continuazione di linee esistenti nei casi in cui si tratta di espressioni geometriche prive di individualità decorativa;
8. che in ogni caso debbano siffatte aggiunte essere accuratamente ed evidentemente designate o con l'impiego di materiale diverso dal primitivo, o con l'adozione di cornici di inviluppo, semplici e prive di intagli, o con l'applicazione di sigle o di epigrafi, per modo che mai un restauro eseguito possa trarre in inganno gli studiosi e rappresentare una falsificazione di un documento storico;
9. che allo scopo di rinforzare la compagine statica di un monumento e di reintegrare la massa, tutti i mezzi costruttivi modernissimi possano recare ausili preziosi e sia opportuno valersene quando l'adozione di mezzi costruttivi analoghi agli antichi non raggiunga lo scopo; e che del pari i sussidi sperimentali delle varie scienze debbano essere chiamati a contributo per tutti gli altri esempi minuti e complessi di conservazione delle strutture fatiscenti, nei quali ormai i procedimenti empirici debbono cedere il campo a quelli rigidamente scientifici;
10. che negli scavi e nelle esplorazioni che rimettono in luce antiche opere, il lavoro di liberazione debba essere metodicamente e immediatamente seguito dalla sistemazione dei ruderi e dalla stabile protezione di quelle opere d'arte rinvenute, che possono conservarsi in sito;
11. che come nello scavo, così nel restauro dei monumenti sia condizione essenziale e tassativa, che una documentazione precisa accompagni i lavori mediante relazioni analitiche raccolte in un giornale del restauro e illustrate da disegni e da fotografie, sicché tutti gli elementi determinanti nella struttura e nella forma del monumento, tutte le fasi delle opere di ricomposizione, di liberazione, di completamento, risultino acquisite in modo permanente e sicuro.
Il Consiglio convinto infine che in tempi così ardui e complessi in cui ciascun monumento e ciascuna fase del suo restauro presentano quesiti singolari, l'affermazione dei principi generici debba essere completata e fecondata dall'esame e dalla discussione sui casi specifici, esprime i seguenti voti:
a. che il giudizio del Consiglio superiore sia sistematicamente richiesto prima dell'inizio dei lavori per tutti i restauri di monumenti che escono dall'ordinaria attività conservatrice, sia che detti restauri vengano promossi e curati da privati, o da enti pubblici o dalla stessa Sovraintendenza
b. che sia tenuto ogni anno in Roma un convegno amichevole (i cui atti potrebbero essere pubblicati nel "Bollettino d'Arte" del Ministero
dell'Educazione Nazionale) nel quale i singoli Sovrintendenti espongono i casi e i problemi che loro si presentano per richiamare l'attenzione dei colleghi, per esporre le proposte di soluzione
c. che sia fatto obbligo della compilazione e della conservazione metodica dei suddetti giornali del restauro, e che possibilmente dei dati e delle notizie analitiche da quelli risultanti si curi la pubblicazione scientifica in modo analogo a quello degli scavi.
Carta di Venezia 1964
Art. 1; La nozione di monumento storico comprende tanto la creazione architettonica isolata quanto l'ambiente urbano o paesistico che costituisca la testimonianza di una civiltà particolare, di un'evoluzione significativa o di un avvenimento storico. (questa nozione si applica non solo alle grandi opere ma anche alle opere modeste che, con il tempo, abbiano acquistato un significato culturale.
Art. 2; La conservazione ed il restauro dei monumenti costituiscono una disciplina che si vale di tutte le scienze e di tutte le tecniche che possono contribuire allo studio ed alla salvaguardia del patrimonio monumentale.
Art. 3; La conservazione ed il restauro dei monumenti mirano a salvaguardare tanto l'opera d'arte che la testimonianza storica.
Art. 4; La conservazione dei monumenti impone anzitutto una manutenzione sistematica.
Art. 5; La conservazione dei monumenti è sempre favorita dalla loro utilizzazione in funzioni utili alla società: una tale destinazione è augurabile, ma non deve alterare la distribuzione e l'aspetto dell'edificio. Gli adattamenti pretesi dalla evoluzione degli usi e dei consumi devono dunque essere contenuti entro questi limiti.
Art. 6; La conservazione di un monumento implica quella della sua condizione ambientale. Quando sussista un ambiente tradizionale, questo sarà conservato;
verrà inoltre messa al bando qualsiasi nuova costruzione, distruzione ed utilizzazione che possa alterare i rapporti di volumi e colori.
Art. 7; Il monumento non può essere separato dalla storia della quale è testimone, né dall'ambiente in cui si trova. Lo spostamento di una parte o di tutto il monumento non può quindi essere accettato se non quando la sua salvaguardia lo esiga o quando ciò sia significato da cause di eccezionale interesse nazionale o internazionale.
Art. 8; Gli elementi di scultura, di pittura o di decorazione che sono parte integrante del monumento non possono essere separati da esso se non quando questo sia l'unico modo atto ad assicurare la loro conservazione.
Art. 9; Il restauro è un processo che deve mantenere un carattere eccezionale.
Il suo scopo è di conservare e di rivelare i valori formali e storici del monumento e si fonda sul rispetto della sostanza antica e delle documentazioni autentiche. Il restauro deve fermarsi dove ha inizio l'ipotesi: sul piano della ricostruzione congetturale qualsiasi lavoro di completamento, riconosciuto indispensabile per ragioni estetiche e tecniche, deve distinguersi dalla progettazione architettonica e dovrà recare il segno della nostra epoca. Il restauro sarà sempre preceduto e accompagnato da uno studio storico e archeologico del monumento.
Art. 10; Quando le tecniche tradizionali si rivelano inadeguate, il consolidamento di un monumento può essere assicurato mediante l'ausilio di tutti i più moderni mezzi di struttura e di conservazione, la cui efficienza sia stata dimostrata da dati scientifici e sia garantita dall'esperienza.
Art. 11; Nel restauro di un monumento sono da rispettare tutti i contributi che definiscono l'attuale configurazione di un monumento, a qualunque epoca appartengano, in quanto l'unità stilistica non è lo scopo di un restauro. Quando in un edificio si presentano parecchie strutture sovrapposte, la liberazione di una struttura di epoca anteriore non si giustifica che eccezionalmente, e a condizione che gli elementi rimossi siano di scarso interesse, che la composizione architettonica rimessa in luce costituisca una testimonianza di grande valore storico, archeologico o estetico, e che il suo stato di conservazione sia ritenuto soddisfacente. Il giudizio sul valore degli elementi in questione e la decisione circa le eliminazioni da eseguirsi non possono dipendere dal solo autore del progetto.
Art. 12; Gli elementi destinati a sostituire le parti mancanti devono integrarsi armoniosamente nell'insieme, distinguendosi tuttavia dalle parti originali, affinché il restauro non falsifichi il monumento, e risultino rispettate, sia l'istanza estetica che quella storica.
Art. 13; Le aggiunte non possono essere tollerate se non rispettano tutte le parti interessanti dell'edificio, il suo ambiente tradizionale, l'equilibrio del suo complesso ed i rapporti con l'ambiente circostante.
Art. 14; Gli ambienti monumentali debbono essere l'oggetto di speciali cure, al fine di salvaguardare la loro integrità ed assicurare il loro risanamento, la loro utilizzazione e valorizzazione. 1 lavori di conservazione e di restauro che vi sono eseguiti devono ispirarsi ai principi enunciati negli articoli precedenti.
Art. 15; I lavori di scavo sono da eseguire conformemente a norme scientifiche ed alla "Raccomandazione che definisce i principi internazionali da applicare in materia di scavi archeologici", adottata dall'UNESCO nel 1956.
Saranno assicurate l'utilizzazione delle rovine e le misure necessarie alla conservazione ed alla stabile protezione delle opere architettoniche e degli oggetti rinvenuti. Verranno inoltre prese tutte le iniziative che possano facilitare la comprensione del monumento messo in luce, senza mai snaturare i significati. È da escludersi "a priori" qualsiasi lavoro di ricostruzione, mentre è da considerarsi accettabile solo l'anastilosi, cioè la ricomposizione di parti esistenti ma smembrate. Gli elementi di integrazione dovranno sempre essere riconoscibili, e limitati a quel minimo che sarà necessario a garantire la conservazione del monumento e ristabilire la continuità delle sue forme.
Art. 16; 1 lavori di conservazione, di restauro e di scavo saranno sempre accompagnati da una rigorosa documentazione, con relazioni analitiche e critiche, illustrate da disegni e fotografie. Tutte le fasi di lavoro di liberazione, come gli elementi tecnici e formali identificati nel corso dei lavori, vi saranno inclusi.
Tale documentazione sarà depositata in pubblici archivi e verrà messa a disposizione degli studiosi.
La sua pubblicazione è vivamente raccomandabile. Alcuni anni dopo, accompagnato da una circolare (n. 117 del 6 aprile 1972), veniva diffuso il testo della Carta italiana del restauro, con una relazione introduttiva e quattro allegati concernenti l'esecuzione di restauri archeologici, architettonici, pittorici e scultorei oltre che la tutela dei centri storici.
Nei dodici articoli della Carta, in cui si riconosce prevalente, pur se non esclusiva, la mano di Cesare Brandi, sono dapprima definiti gli oggetti interessati da azioni di salvaguardia e restauro: tali azioni si estendono dalle singole opere d'arte (art. 1) ai complessi di edifici d'interesse monumentale, storico o ambientale, ai centri storici, alle collezioni artistiche, agli arredamenti, ai giardini, ai parchi (art. 2) e ai resti antichi scoperti in ricerche terrestri e subacquee (art. 3).
Con il termine "salvaguardia" viene inteso l'insieme d'interventi conservativi attuabili non direttamente sull'opera; per "restauro" s'intende invece "qualsiasi intervento volto a mantenere in efficienza, a facilitare la lettura e a trasmettere al futuro le opere oggetto di tutela" (art. 4).
Seguono, negli articoli 6 e 7, indicazioni dettagliate sugli interventi "proibiti" per qualsiasi opera d'arte (completamenti in stile, rimozioni o
demolizioni che cancellino il passaggio dell'opera nel tempo, rimozioni o ricollocazioni in luoghi diversi dagli originari, alterazioni delle condizioni accessorie, alterazione o rimozione delle patine) e su quelli "ammessi" (aggiunte per ragioni statiche e reintegrazione di piccole parti storicamente accertate, puliture, anastilosi, nuove sistemazioni di opere, quando non esistano più o siano distrutti l'ambientamento o la sistemazione tradizionale).
A proposito di nuove tecniche e di materiali per il restauro, la Carta ne ammette l'uso solo dietro autorizzazione del Ministero della pubblica istruzione (all'epoca ancora competente nel settore dei beni culturali), previo parere dell'Istituto centrale del restauro (art. 9).
Nuovo è l'interesse per i danni arrecati dall'inquinamento atmosferico e dalle condizioni termo-igrometriche: gli interventi non dovranno alterare la materia né il colore delle superfici dell'opera d'arte. Manca però un accenno alle cause ed alle eventuali opere atte ad evitarne l'azione.
Le indicazioni fornite dalla Carta costituiscono una sorta di normativa generale del settore riguardante la conservazione ed il restauro delle opere d'arte; essa è stata al centro, nel ventennio seguente, di dibattiti e di polemiche; ma la validità dei suoi princìpi sembra tuttora riconosciuta. Qualche perplessità è stata manifestata riguardo all'inserimento dei quattro allegati finali, nei quali i criteri generali vengono specificati ed applicati nei diversi settori (archeologico, architettonico, artistico e dei centri storici). Ma proprio la loro qualità di "allegati" ci lascia intendere come essi fossero concepiti, dagli originari estensori, come strumenti rinnovabili e aggiornabili secondo le necessità derivanti dalle acquisizioni tecnico-scientifiche.
Carta italiana del restauro 1972
Circolare n° 117 del 6 aprile 1972 MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
Prima parte: Introduzione
"Il Ministero della Pubblica Istruzione nell'intento di pervenire a criteri uniformi nella specifica attività dell'Amministrazione delle Antichità e Belle Arti nel campo della conservazione del patrimonio artistico, ha rielaborato, sentito il parere del Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti, le norme sul restauro. Tali norme prendono il nome di "Carta di Restauro 1972", sono precedute da una breve relazione e seguite da quattro distinte relazioni contenenti istruzioni per:
Allegato a) "La salvaguardia ed il restauro delle antichità";
Allegato b) "La condotta dei restauri architettonici";
Allegato c) "L'esecuzione dei restauri pittorici e scultorei";
Allegato d) "La tutela dei centri storici".
Le relazioni sono da ritenersi documenti integranti la Carta stessa.
RELAZIONE INTRODUTTIVA ALLA CARTA DEL RESTAURO
La coscienza che le opere d'arte, intese nell'accezione più vasta che va dall'ambiente urbano ai monumenti architettonici a quelli di pittura e scultura, e dal reperto Paleolitico alle espressioni figurative delle culture popolari, debbano essere tutelate in modo organico e paritetico, porta necessariamente alla elaborazione di norme tecnico-giuridiche che sanciscano i limiti entro i quali va intesa la conservazione, sia come salvaguardia e prevenzione, sia come intervento di restauro propriamente detto. In tal senso costituisce titolo d'onore della cultura italiana che, a conclusione di una prassi di restauro che via via si era emendata dagli arbitri del restauro di ripristino, venisse elaborato già nel 1931 un documento che fu chiamato Carta del Restauro, dove, sebbene l'oggetto fosse ristretto ai monumenti architettonici, facilmente potevano attingersi ed estendersi le norme generali per ogni restauro anche di opere d'arte pittoriche e scultoree.
Disgraziatamente tale Carta del Restauro non ebbe mai forza di legge, e quando, successivamente, per la sempre maggiore coscienza che si veniva a prendere dei pericoli ai quali esponeva le opere d'arte un restauro condotto senza precisi criteri tecnici, si intese, nel 1938, sovvenire a questa necessità, sia creando l'Istituto Centrale dl Restauro per le opere d'arte, sia incaricando una Commissione ministeriale di elaborare delle norme unificate che a partire dall'archeologia abbracciassero tutti i rami delle arti figurative; tali norme, da definirsi senz'altro auree, rimasero anch'esse senza forza di legge, quali istruzioni interne dell'Amministrazione, né la teoria o la prassi che in seguito vennero elaborate dall'Istituto Centrale del Restauro furono estese a tutti i restauri di opere d'arte della Nazione.
Il mancato perfezionamento giuridico di tale regolamentazione di restauro non tardò a rivelarsi come deleterio, sia per lo stato di impotenza in cui lasciava davanti agli arbitri del passato anche in campo di restauro (e soprattutto di sventramenti e alterazioni di antichi ambienti), sia in seguito alle distruzioni belliche, quando un comprensibile ma non meno biasimevole sentimentalismo, di fronte ai monumenti danneggiati o distrutti, viene a forzare la mano e a ricondurre a ripristini e a ricostruzioni senza quelle cautele e remore che erano state vanto dell'azione italiana di restauro.
Né minori guasti dovevano prospettarsi per le richieste di una malintesa modernità e di una grossolana urbanistica, che nell'accrescimento delle città e col movente del traffico portava proprio a non rispettare quel concetto di ambiente, che, oltrepassando il criterio ristretto del monumento singolo, aveva rappresentato una conquista notevole della Carta del Restauro e delle successive istruzioni. Riguardo al più dominabile campo delle opere d'arte, pittoriche e scultoree, sebbene, anche in mancanza di norme giuridiche, una maggiore cautela nel restauro abbia evitato danni gravi quali le conseguenze delle esiziali puliture integrali, come purtroppo è avvenuto all'Estero, tuttavia l'esigenza dell'unificazione di metodi si è rivelata
imprescindibile, anche per intervenire validamente sulle opere di proprietà privata, ovviamente non meno importanti, per il patrimonio artistico nazionale, di quelle di proprietà statale o comunque pubblica.
Seconda Parte: Gli articoli
CARTA DEL RESTAURO 1972
- Art. 1 - Tutte le opere d'arte di ogni epoca, nella accezione più vasta, che va dai monumenti architettonici a quelli di pittura e scultura, anche se in frammenti, e dal reperto paleolitico alle espressioni figurative delle culture popolari e dell'arte contemporanea, a qualsiasi persona o ente appartengano, ai fini della loro salvaguardia e restauro, sono oggetto delle presenti istruzioni che prendono il nome di "Carta del Restauro 1972".
- Art. 2 - Oltre alle opere indicate nell'articolo precedente vengono a queste assimilati, per assicurarne la salvaguardia e il restauro, i complessi di edifici d'interesse monumentale, storico o ambientale, particolarmente i centri storici, le collezioni artistiche e gli arredamenti conservati nella loro disposizione tradizionale; i giardini e i parchi che vengono considerati di particolare importanza.
- Art. 3 - Rientrano nella disciplina delle presenti istruzioni, oltre alle opere definite agli artt. 1 e 2, anche le operazioni volte ad assicurare la salvaguardia e il restauro dei resti antichi in rapporto alle ricerche terrestri e subacquee.
- Art. 4 - S'intende, per salvaguardia qualsiasi provvedimento conservativo che non implichi l'intervento diretto sull'opera: s'intende per restauro qualsiasi intervento volto a mantenere in efficienza, a facilitare la lettura e a trasmettere integralmente al futuro le opere e gli oggetti definiti agli articoli precedenti.
- Art. 5 - Ogni Soprintendenza ed Istituto responsabile in materia di conservazione del patrimonio storico-artistico e culturale compilerà un programma annuale e specificato dei lavori di salvaguardia e di restauro nonché delle ricerche nel sottosuolo e sott'acqua, da compiersi per conto sia dello stato sia di altri Enti o persone, che sarà approvato dal Ministero della Pubblica Istruzione su conforme parere del Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti. Nell'ambito di tale programma, anche successivamente alla presentazione dello stesso, qualsiasi intervento sulle opere di cui all'art. 1 dovrà essere illustrato e giustificato da una relazione tecnica dalla quale risulteranno, oltre alle vicissitudini conservative dell'opera, lo stato attuale della medesima, la natura degli interventi ritenuti necessari e la spesa occorrente per farvi fronte. Detta relazione sarà parimenti approvata dal Ministero della Pubblica Istruzione, previo, per i casi emergenti o dubbi e per quelli previsti dalla legge, parere del Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti.
- Art. 6 - In relazione ai fini ai quali per l'art. 4 devono corrispondere le operazioni di salvaguardia e restauro, sono proibiti indistintamente, per tutte le opere d'arte i cui agli artt. 1, 2 e 3: 1) completamenti in stile o analogici, anche in forme semplificate e pur se vi siano documenti grafici o plastici che possano indicare quale fosse stato o dovesse apparire l'aspetto dell'opera finita; 2) rimozioni o demolizioni che cancellino il passaggio dell'opera attraverso il tempo, a meno che non si tratti di limitate alterazioni deturpanti o incongrue rispetto ai valori storici dell'opera o di completamenti in stile che falsifichino l'opera; 3) rimozione, ricostruzione o ricollocamento in luoghi diversi a quelli originari; a meno che ciò non sia determinato da superiori ragioni di conservazione; 4) alterazione delle condizioni accessorie o ambientali nelle quali è arrivata sino al nostro tempo l'opera d'arte, il complesso monumentale o ambientale, il complesso d'arredamento, il giardino, il parco, ecc.; 5) alterazione o rimozione delle patine.
- Art. 7 - In relazione ai medesimi fini di cui all'art. 6 e per tutte indistintamente le opere di cui agli artt. 1, 2, 3, sono ammesse le seguenti operazioni o reintegrazioni:
1) aggiunte di parti accessorie in funzione statica e reintegrazione d piccole parti storicamente accertate, attuate, secondo i casi, o determinando in modo chiaro la periferia delle integrazioni, oppure adottando materiale differenziato seppure accordato, chiaramente distinguibile a occhio nudo, in particolare nei punti di raccordo con le parti antiche, inoltre siglate e datate ove possibile;
2) puliture che, per le pitture e le sculture policrome, non devono giungere mai allo smalto del colore, rispettando patina e eventuali vernici antiche; per tutte le altre specie di opere non dovranno arrivare alla nuda superficie della materia di cui constano le opere stesse;
3) anastilosi sicuramente documentate, ricomposizione di opere andate in frammenti, sistemazione di opere lacunose, ricostituendo gli interstizi di lieve entità con tecnica chiaramente differenziabile a occhio nudo o con zone neutre accordate a livello diverso dalle parti originarie o lasciando in vista il supporto originario, comunque mai integrando ex novo zone figurate e inserendo elementi determinanti per la figuratività dell'opera;
4) modificazioni e nuove inserzioni a scopo statico e conservativo nella struttura interna o nel sostrato o supporto purché all'aspetto, dopo compiuta l'operazione, non risulti alterazione né cromatica né per la materia in quanto osservabile in superficie;
5) nuovo ambientamento o sistemazione dell'opera, quando non esistano più o siano distrutti l'ambientamento o la sistemazione tradizionale, o quando le condizioni di conservazione esigano la rimozione.
- Art. 8 - Ogni intervento sull'opera o anche in contiguità dell'opera ai fini di cui all'art. 4 deve essere eseguito in modo tale e con tali tecniche e materie da potere dare affidamento che nel futuro non renderà impossibile un nuovo eventuale intervento di salvaguardia o di restauro. Inoltre ogni intervento deve essere preventivamente studiato e motivato per iscritto (ultimo comma art. 5) e del suo corso dovrà essere tenuto un giornale, al quale farà seguito una relazione finale, con la documentazione fotografica di prima, durante e dopo l'intervento. Verranno inoltre documentate tutte le ricerche e analisi eventualmente compiute col sussidio della fisica, la chimica, la microbiologia ed altre scienze. Di tutte queste documentazioni sarà tenuta copia nell'archivio della Soprintendenza competente e un'altra copia inviata all'Istituto Centrale del Restauro. Nel caso di puliture, in un luogo possibilmente liminare della zona operata, dovrà essere conservato un campione dello stadio anteriore all'intervento, mentre nel caso di aggiunte, le parti rimosse dovranno possibilmente essere conservate o documentate in uno speciale archivio-deposito delle Soprintendenze competenti.
- Art. 9 - L'uso di nuovi procedimenti di restauro e di nuove materie, rispetto ai procedimenti e alle materie il cui uso è vigente o comunque ammesso, dovrà essere autorizzato dal Ministero della Pubblica Istruzione su conforme e motivato parere dell'Istituto Centrale del Restauro, a cui spetterà anche di promuovere azione presso il Ministero stesso per consigliare materie e metodi antiquati, nocivi e comunque non collaudati, suggerire nuovi metodi e l'uso di nuove materie, definire le ricerche alle quali si dovesse provvedere con una attrezzatura e con specialisti al di fuori dell'attrezzatura e dell'organico a sua disposizione.
- Art. 10 - I provvedimenti intesi a preservare dalle azioni inquinanti e dalle variazioni atmosferiche, termiche e idrometriche, le opere di cui agli artt. 1, 2, 3, non dovranno essere tali da alterare sensibilmente l'aspetto della materia e il colore delle superfici, o da esigere modifiche
sostanziali e permanenti dell'ambiente in cui le opere storicamente sono state trasmesse. Qualora tuttavia modifiche del genere fossero indispensabili per il superiore fine della conservazione, tali modifiche dovranno essere fatte in modo da evitare qualsiasi dubbio sull'epoca in cui sono state eseguite e con le modalità più discrete. - Art. 11 - I metodi specifici i cui avvalersi come procedura di restauro singolarmente per i monumenti architettonici, pittorici, scultorei, per i centri storici nel loro complesso, nonché per l'esecuzione degli scavi, sono specificati agli allegati a, b, c, d alle presenti istruzioni.
- Art. 12 - Nei casi in cui sia dubbia l'attribuzione delle competenze tecniche o sorgano conflitti in materia, deciderà il Ministro, sulla scorta delle relazioni dei soprintendenti o capi d'istituto interessati, sentito il Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti.
Terza Parte
Allegato a. Istruzioni per la salvaguardia e il restauro delle antichità
Oltre alle norme generali contenute negli articoli della Carta del Restauro, è necessario nel campo delle antichità tenere presenti particolari esigenze relative alla salvaguardia del sottosuolo archeologico e alla conservazione e al restauro dei reperti durante le ricerche terrestri e subacquee in riferimento all'art. 3. Il problema di primaria importanza della salvaguardia del sottosuolo archeologico è necessariamente legato alla serie di disposizioni e di leggi riguardanti l'esproprio, l'applicazione di particolari vincoli, la creazione di riserve e parchi archeologici. In concomitanza con i vari provvedimenti da prendere nei diversi casi, sarà comunque sempre da predisporre l'accurata ricognizione del terreno, volta a raccogliere tutti gli eventuali dati riscontrabili in superficie, i materiali ceramici sparsi, la documentazione di elementi eventualmente affioranti, ricorrendo inoltre all'aiuto della fotografia aerea e delle prospezioni (elettriche, elettromagnetiche, ecc.) del terreno, in modo che la conoscenza quanto più completa possibile della natura archeologica del terreno permetta più precise direttive per l'applicazione delle norme di salvaguardia, della natura e dei limiti dei vincoli, per la stesura dei piani regolatori, e per la sorveglianza nel caso di esecuzione di lavori agricoli o edilizi. Per la salvaguardia del patrimonio archeologico sottomarino, collegata alle leggi e disposizioni vincolanti gli scavi subacquei e volte ad impedire l'indiscriminata e inconsulta manomissione dei relitti di navi antiche e del loro carico, di ruderi sommersi e di sculture affondate, si impongono provvidenze particolarissime, a cominciare dalla esplorazione sistematica delle coste italiane con personale specializzato, al fine i arrivare alla compilazione accurata di una Forma Maris con l'indicazione di tutti i relitti e i monumenti sommersi, sia ai fini della loro tutela sia ai fini della programmazione delle ricerche scientifiche subacquee. Il recupero di un relitto di una imbarcazione antica non dovrà essere iniziato prima di aver predisposto i locali e la particolare necessaria attrezzatura che permettano il ricovero dei materiali recuperati dal fondo marino, tutti quegli specifici trattamenti che richiedono soprattutto le parti lignee, con lunghi e prolungati lavaggi, bagni di particolari sostanze consolidanti, con determinato condizionamento dell'aria e della temperatura.
I sistemi di sollevamento e di recupero di imbarcazioni sommerse dovranno essere studiati di volta in volta in relazione allo stato particolare dei relitti, tenendo conto anche delle esperienze acquisite internazionalmente in questo campo, soprattutto negli ultimi decenni. In queste particolari condizioni di rinvenimento -come anche nelle normali esplorazioni archeologiche terrestri- dovranno considerarsi le speciali esigenze di conservazione e di restauro degli oggetti secondo il loro tipo e la loro materia: ad esempio, per i materiali ceramici e per le anfore si prenderanno tutti gli accorgimenti che consentano l'identificazione di eventuali residui o tracce del contenuto, costituenti preziosi dati per la storia del commercio e della vita nell'antichità; particolare attenzione dovrà inoltre esercitarsi per il riscontro e il fissaggio di eventuali iscrizioni dipinte, specialmente sul corpo delle anfore. Durante le esplorazioni archeologiche terrestri, mentre le norme di recupero e di documentazioni rientrano più specificatamente nel quadro delle norme relative alla metodologia degli scavi, per ciò che concerne il restauro debbono osservarsi gli accorgimenti che, durante le operazioni di scavo, garantiscano l'immediata conservazione dei reperti, specialmente se essi sono più facilmente deperibili, e l'ulteriore possibilità di salvaguardia e restauro definitivi. Nel caso del ritrovamento di elementi dissolti di decorazioni in stucco o in pittura o in mosaico o in opus sectile è necessario, prima e durante la loro rimozione, tenerli uniti con colate di gesso, con garze e adeguati collanti, in modo da facilitarne la ricomposizione e il restauro in laboratorio.
Nel recupero di vetri è consigliabile non procedere ad alcuna pulitura durante lo scavo, per la facilità con cui sono soggetti a sfaldarsi. Per quel che riguarda ceramiche e terrecotte è indispensabile non pregiudicare, con lavaggi o affrettate puliture, l'eventuale presenza di pitture, vernici, iscrizioni. Particolari delicatezze s'impongono nel raccogliere oggetti o frammenti di metallo specialmente se ossidati, ricorrendo oltre che a sistemi di consolidamento eventualmente anche ad adeguati supporti. Speciale attenzione dovrà essere rivolta alle possibili tracce o impronte dei tessuti. Rientra nel quadro soprattutto dell'archeologia pompeiana l'uso, ormai largamente e brillantemente sperimentato, di ottenere calchi dei negativi di piante e di materiali organici deperibili mediante colate di gesso nei vuoti rimasti nel terreno. Ai fini dell'attuazione di queste istruzioni si rende necessario che, durante lo svolgimento degli scavi, sia garantita la disponibilità di restauratori pronti, quando necessario, al primo intervento di recupero e fissaggio.
Con particolare attenzione dovrà esser considerato il problema del restauro di quelle opere d'arte destinate a rimanere o ad essere ricollocate, dopo il distacco, nel luogo originario, particolarmente le pitture e i mosaici. Sono stati sperimentati con successo vari tipi di supporti, di intelaiature e di collanti in relazione alle condizioni climatiche, atmosferiche e igrometriche, che per le pitture permettono il ricollocamento negli ambienti adeguatamente coperti di un edificio antico, evitando il diretto contatto con la parete e attuando invece un facile montaggio e una sicura conservazione. Sono comunque da evitare integrazioni, dando alle lacune una tinteggiatura simile a quella dell'intonaco grezzo, come è da evitare l'uso di vernici o di cere per ravvivare i colori perché sempre soggette ad alterazioni, bastando una accurata pulitura delle superfici originali.
Riguardo ai mosaici è preferibile, quando è possibile, il ricollocamento nell'edificio da cui provengono e di cui costituiscono l'integrante decorazione, e in tal caso, dopo lo strappo - che con i metodi moderni può essere fatto anche per grandi superfici senza operare tagli - ilsistema di cementazione con anima metallica inossidabile risulta tuttora quello più idoneo e resistente agli agenti atmosferici. Per i mosaici destinati invece ad una esposizione in museo è ormai largamente usato il supporto "a sandwich" di materiali leggeri, resistente e maneggevole. Particolari esigenze di salvaguardia dai pericoli derivanti dall'alterazione climatica richiedono gli interni con pitture parietali in posto (grotte preistoriche, tombe, piccoli ambienti); in questi casi è necessario mantenere costanti due fattori essenziali per la migliore conservazione delle pitture: il grado di umidità ambientale e la temperatura ambiente.
Tali fattori vengono facilmente alterati da cause esterne ed estranee all'ambiente, specialmente dall'affollamento dei visitatori, da illuminazione eccessiva, da forti alterazioni atmosferiche esterne; si rende perciò necessario studiare particolari cautele anche nell'ammissione di visitatori, mediante camere di climatizzazione interposte fra l'ambiente antico da tutelare e l'esterno. Tali precauzioni vengono già applicate nell'accesso ai monumenti preistorici dipinti in Francia e in Spagna, e sarebbero auspicabili anche per molti nostri monumenti (tombe di Tarquinia). Per il restauro dei monumenti archeologici, oltre alle norme generali contenute nella Carta del Restauro e nelle Istruzioni per la condotta dei restauri architettonici, saranno da tenere presenti alcune esigenze in relazione alle particolari tecniche antiche. Innanzitutto, quando per il restauro completo di un monumento, che ne comporta necessariamente anche lo studio storico, si debba procedere a saggi di scavo, allo scoprimento delle fondazioni, le operazioni debbono esser condotte col metodo stratigrafico che può offrire preziosi dati per le vicende e le fasi dell'edificio stesso.
Per il restauro di cortine di opus incertum, quasi reticulatum, reticulatum e vittatum, se si usano la stessa quantità di tufo e gli stessi tipi di tufelli, si dovranno mantenere le parti restaurate su un piano leggermente più arretrato, mentre per le cortine laterizie sarà opportuno scalpellare o rigare la superficie dei mattoni moderni. Per il restauro di strutture in opera quadrata è stato favorevolmente sperimentato il sistema di ricreare i blocchi nelle misure antiche, usando peraltro scaglie dello stesso materiale cementato con malta mescolata in superficie con polvere dello stesso materiale per ottenere un'intonazione cromatica. Quale alternativa all'arretramento della superficie nelle integrazioni di restauro moderno, si può utilmente praticare un solco di contorno che delimiti la parte restaurata o inserirvi una sottile lista di materiali diversi. Così pure può consigliarsi in molti casi un diversificato trattamento superficiale dei nuovi materiali mediante idonea scalpellatura delle superfici moderne. Sarà infine opportuno collocare in ogni zona restaurata targhette con la data o incidervi sigle o speciali contrassegni. L'uso di cemento con superficie rivestita di polvere del materiale stesso del monumento da restaurare può risultare utile anche nell'integrazione di rocchi di colonne antiche di marmo o di tufo o calcare, studiando il tono più o meno scabro da tenere in relazione al tipo di monumento; in ambiente romano, il marmo bianco può essere integrato con travertino o calcare, in accostamenti già sperimentati con successo (restauro del Valadier all'arco di Tito).
Nei monumenti antichi e particolarmente in quelli di epoca arcaica o classica è da evitare l'accostamento di materiali diversi e anacronistici nelle parti restaurate, che risulta stridente e offensivo anche dal punto di vista cromatico, mentre si possono usare vari accorgimenti per differenziare l'uso di materiale stesso con cui è costruito il monumento e che è preferibile mantenere nei restauri. Un problema particolare dei monumenti archeologici è costituito alle coperture dei muri rovinati, per le quali è anzitutto da mantenere la linea frastagliata del rudere, ed è stato sperimentato l'uso della stesura di uno strato di malta mista a cocciopesto che sembra dare i migliori risultati sia dal punto di vista estetico sia da quello della resistenza agli agenti atmosferici. Riguardo al problema generale del consolidamento dei materiali architettonici e delle sculture all'aperto, sono da evitare sperimentazioni con metodi non sufficientemente comprovati, tali da recare danni irreparabili. Le provvidenze per il restauro e la conservazione dei monumenti archeologici vanno peraltro studiate anche in relazione alle differenti esigenze climatiche dei vari ambienti, particolarmente differenziati in Italia.
Quarta Parte
Allegato b Istruzioni per la condotta dei restauri architettonici
Premesso che le opere di manutenzione tempestivamente eseguite assicurano lunga vita ai monumenti, evitando l'aggravarsi dei danni, si raccomanda la maggiore cura possibile nella continua sorveglianza degli immobili per i provvedimenti di carattere preventivo, anche al fine di evitare interventi di maggiore ampiezza. Si ricorda inoltre la necessità di considerare tutte le operazioni di restauro sotto il sostanziale profilo conservativo, rispettando gli elementi aggiunti ed evitando comunque interventi innovativi o di ripristino. Sempre allo scopo di assicurare la sopravvivenza dei monumenti, va inoltre attentamente vagliata la possibilità di nuove utilizzazioni degli antichi edifici monumentali, quando queste non risultino incompatibili con gli interessi storico-artistici. I lavori di adattamento dovranno essere limitati al minimo, conservando scrupolosamente le forme esterne ed evitando sensibili alterazioni all'individualità tipologica, all'organismo costruttivo ed alla sequenza dei percorsi interni. La redazione del progetto per ilrestauro di un'opera architettonica deve essere preceduta da un attento studio sul monumento condotto da diversi punti di vista (che prendano in esame la sua posizione nel contesto territoriale o nel tessuto urbano, gli aspetti tipologici, le emergenze e qualità formali, i sistemi e i caratteri struttivi, ecc.), relativamente all'opera originaria, come anche alle eventuali aggiunte o modifiche. Parte integrante di questo studio saranno ricerche bibliografiche, iconografiche e archivistiche, ecc., per acquisire ogni possibile dato storico. Il progetto si baserà su un completo rilievo grafico e fotografico da interpretare anche sotto il profilo metrologico, dei tracciati regolatori e dei sistemi proporzionali, e comprenderà un accurato specifico studio per la verifica delle condizioni di stabilità. L'esecuzione dei lavori pertinenti al restauro dei monumenti, consistendo in operazioni spesso delicatissime e sempre di grande responsabilità, dovrà essere affidata ad imprese specializzate e possibilmente condotta "in economia", invece che contabilizzata "a misura" o "a cottimo".
I restauri debbono essere continuamente vigilati e diretti per assicurarsi della buona esecuzione e per poter subito intervenire qualora si manifestino fatti nuovi, difficoltà o dissesti murari; per evitare infine, specie quando operano il piccone e il martello, che scompaiano elementi prima ignorati od eventualmente sfuggiti all'indagine preventiva, ma certamente utili alla conoscenza dell'edificio ed alla condotta del restauro. In particolare il direttore dei lavori, prima di raschiare tinteggiature o eventualmente rimuovere intonaci, deve accertare l'esistenza o meno di qualsiasi traccia di decorazioni, quali fossero le originarie grane e coloriture delle pareti e delle volte. Esigenza fondamentale del restauro è quella di rispettare e salvaguardare l'autenticità degli elementi costitutivi. Questo principio deve sempre guidare e condizionare le scelte operative. Per esempio, nel caso di murature fuori piombo, anche se perentorie necessità ne suggeriscano la demolizione e la ricostruzione, va preliminarmente esaminata e tentata la possibilità di raddrizzamento senza sostituire le murature originarie.
Così la sostituzione delle pietre corrose potrà avvenire soltanto per comprovate gravissime esigenze. Le sostituzioni e le eventuali integrazioni di paramenti murari, ove necessario e sempre nei limiti più ristretti, dovranno essere sempre distinguibili dagli elementi originari, differenziando i materiali o le superfici di nuovo impiego; ma in genere appare preferibile operare lungo la periferia dell'integrazione con un chiaro e persistente segno continuo a testimonianza dei limiti dell'intervento. Ciò potrà ottenersi con laminetta di metallo idoneo, con una continua serie di sottili frammenti di laterizi o con solchi visibilmente più larghi e profondi, secondo i diversi casi. Il consolidamento delle pietre o di altri materiali dovrà essere sperimentalmente tentato quando i metodi lungamente provati dall'Istituto Centrale del Restauro diano effettive garanzie.
Ogni precauzione dovrà essere adottata per evitare l'aggravarsi delle situazioni; così pure ogni intervento dovrà essere messo in opera per eliminare le cause dei danni. Per esempio, appena si notano pietre spaccate da grappe o perni di ferro che con l'umidità si gonfiano, conviene smontare la parte offesa e sostituire il ferro col bronzo o con il rame; o meglio, con acciaio inossidabile, che presenta il vantaggio di non macchiare le pietre. Le sculture in pietra poste all'esterno degli edifici o nelle piazze debbono essere vigilate, intervenendo quando sia possibile adottare, attraverso la prassi sopraindicata, un metodo collaudato di consolidamento o di protezione anche stagionale. Qualora ciò risulti impossibile, converrà trasferire la scultura in un locale interno. Per la buona conservazione delle fontane di pietra o di bronzo, occorre decalcificare l'acqua, eliminando le incrostazioni calcaree e le periodiche dannose ripuliture. La patina delle pietre deve essere conservata per evidenti ragioni storiche, estetiche ed anche tecniche, in quanto essa disimpegna in genere funzioni protettive, come è attestato dalle corrosioni che prendono inizio dalle lacune della patina. Si possono asportare le materie accumulate sopra le pietre - detriti, polvere, fuliggine, guano di colombi ecc. - usando solo spazzole vegetali o getti d'aria a pressione moderata. Dovranno perciò essere evitate le spazzole metalliche, i raschietti, come pure sono, in generale, da escludere getti a forte pressione di sabbia naturale, di acqua e di vapore e perfino sconsigliabili i lavaggi di qualsiasi natura.
Quinta Parte
Allegato c Istruzioni per l'esecuzione di restauri pittorici e scultorei
OPERAZIONI PRELIMINARI
La prima operazione da compiere, prima di ogni intervento di restauro su qualsiasi opera d'arte pittorica o scultorea, è un'accurata ricognizione dello stato di conservazione. In tale ricognizione rientra l'accertamento dei vari strati materici di cui l'opera può risultare composta - e se originari o aggiunti - e la determinazione approssimativa delle varie epoche nelle quali le stratificazioni, le modifiche, le aggiunte vennero a prodursi. Verrà quindi redatto un resoconto che costituirà parte integrante del programma e l'esordio del giornale di restauro. Successivamente dovranno eseguirsi, dell'opera, le fotografie indispensabili a documentarne lo stato precedente all'intervento di restauro, e tali fotografie verranno eseguite, a seconda dei casi, oltre che a luce naturale, a luce monocromatica, ai raggi ultravioletti semplici o filtrati, ai raggi infrarossi. È sempre consigliabile eseguire, anche in casi che non rivelino ad occhio nudo delle sovrapposizioni, radiografie ai raggi molli. Nel caso di pitture mobili, anche il tergo del dipinto andrà fotografato. Se dalle documentazioni fotografiche, che saranno annotate nel giornale di restauro, risulteranno degli elementi problematici, questi andranno riferiti nella loro problematicità. Dopo avere eseguito le fotografie dovranno operarsi dei prelievi minimi che interessino tutti gli strati fino al supporto, in luoghi non capitali dell'opera, per compierne delle sezioni stratigrafiche, qualora esistano stratificazioni o vi sia da accertare lo stato della preparazione. Dei rilievi dovrà essere segnato il punto preciso nella fotografia a luce naturale e apposta l'annotazione col riferimento alla fotografia nel giornale di restauro. Per quanto riguarda i dipinti murali, o su pietra, terracotta o altro supporto (immobili), occorrerà assicurarsi delle condizioni del supporto in relazione alla umidità, definire se si tratti di umidità di infiltrazione, per condensazione o per capillarità; eseguire dei prelievi della malta e del conglomerato del muro e misurarne il grado di umidità. Qualora si notino o si suppongano formazioni fungine, anche su queste andranno esperite analisi di microbiologia. Il problema più particolare delle sculture, ove non si tratti di sculture dipinte o verniciate, sarà di accertarsi dello stato di conservazione della materia in cui sono eseguite, ed eventualmente compiere delle radiografie.
PREVIDENZE DA ATTUARE NELL'ESECUZIONE DELL'INTERVENTO DI RESTAURO
Le indagini preliminari avranno dato modo di orientare l'intervento di restauro nella direzione giusta, sia che si tratti di pulitura semplice, di fissaggio, di rimozione, di ridipinture, di trasporto, di ricomposizione di frammenti. Tuttavia l'indagine che sarebbe la più importante per la pittura, la determinazione della tecnica impiegata, non sempre potrà avere una risposta scientifica, e pertanto la cautela e l'esperimento per le materie da usare nel restauro non dovranno credersi resi superflui da un riconoscimento generico, fatto su base empirica e non scientifica, della tecnica usata nella pittura in questione. Circa la pulitura, questa potrà essere seguita principalmente in due modi: e con mezzi meccanici e con mezzi chimici. Da escludere comunque qualsiasi mezzo che tolga la visibilità o la possibilità di intervento e controllo diretto nel dipinto (come nella cassetta Pethen Koppler e simili). I mezzi meccanici (bisturi) dovranno essere usati sempre con il controllo del pinacoscopio, anche se non sempre sotto la lente del medesimo. I mezzi chimici (solventi) devono risultare di natura tale da potere essere immediatamente neutralizzati, inoltre volatili e tali cioè da non fissarsi durevolmente negli strati del dipinto. Prima di usarli verranno eseguiti degli esperimenti per assicurarsi che non possano intaccare la vernice originaria del dipinto, ove dalle sezioni stratigrafiche risulti uno strato per lo meno presumibilmente come tale. Prima di procedere alla pulitura, con qualsiasi mezzo venga eseguita, occorre tuttavia controllare minutamente la statica del dipinto, su qualsiasi supporto risulti, e procedere al fissaggio delle parti sollevate o pericolanti. Tale fissaggio potrà essere eseguito, a seconda dei casi, o localmente o con una soluzione distesa uniformemente, la cui penetrazione possa venire assicurata da una sorgente i calore costante e non pericolosa per la conservazione del dipinto. Ma comunque il fissaggio sia eseguito, è regola stretta che venga ritolta qualsiasi traccia di fissativo dalla superficie pittorica. A questo scopo, dopo il fissaggio, dovrà essere esperito un minuto esame al pinacoscopio.
Quando si debba procedere ad una velatura generale del dipinto, per operazioni da compiere al supporto, è tassativo che tale velatura sia fatta dopo il consolidamento delle parti o sollevate o pericolanti e con un collante facilissimamente diluibile e diverso da quello impiegato nel fissaggio delle parti sollevate o pericolanti. I Se il supporto ella pittura sia ligneo o attaccato da tarli, termiti ecc., si dovrà sottoporre la Pittura all'azione di gas idonei a uccidere gli insetti senza danneggiare la pittura. Da evitarsi l'imbibizione con liquidi. Qualora lo stato del supporto o quello dell'imprimitura o tutte due insieme - per dipinti mobili - esigano la distruzione o comunque la rimozione del supporto e la sostituzione dell'imprimitura, occorrerà che la vecchia imprimitura venga rimossa per intero a mano col bisturi, inquantoché assottigliarla non sarebbe sufficiente, a meno che solo il supporto sia fatiscente e l'imprimitura risulti in buono stato. La conservazione, ove possibile, dell'imprimitura è sempre consigliabile per mantenere alla superficie pittorica la sua conformazione originaria. Nella sostituzione del supporto ligneo, quando sia indispensabile, è da escludersi la sostituzione con un nuovo supporto composto di massello di legno, ed è consigliabile attuare l'applicazione su un supporto rigido solo quando si sia assolutamente certi che il supporto stesso non avrà un indice di dilatazione diverso da quello del supporto rimosso. Comunque il collante del supporto alla tela del dipinto trasportato dovrà essere facilmente solubile senza danno né della pittura né del collante che lega gli strati pittorici alla tela di trasporto. Qualora il supporto originario ligneo sia in buono stato ma abbia bisogno di raddrizzature o di rinforzi o di parchettatura, si tenga presente che, ove non sia proprio indispensabile ai fini ella fruizione estetica del dipinto, è sempre meglio non intervenire su un legno vecchio e ormai stabilizzato. se si interviene, occorre farlo con precise regole tecnologiche, che rispettino l'andamento delle fibre del legno. Di questo si dovrà prendere una sezione, individuarne la specie botanica e conoscerne l'indice di dilatazione. Qualsiasi aggiunta dovrà essere compiuta con legno stagionato e a piccoli segmenti, così da renderla la più inerte possibile rispetto al vecchio supporto su cui si inserisce. La parchettatura, con qualsiasi materiale venga eseguita, deve fondamentalmente assicurare i movimenti naturali del legno su cui viene infissa. Nel caso dei dipinti su tela, l'eventualità di un trasporto deve essere attuata con la graduale e controllata distruzione della tela fatiscente, mentre per la imprimitura eventuale (o preparazione) dovranno seguirsi gli stessi criteri che per le tavole. Qualora si tratti di pitture senza preparazione, in cui un colore molto liquido fu dato direttamente sul supporto come nei bozzetti di Rubens), il trasporto non sarà possibile. L'operazione di rintelatura, comunque venga eseguita, deve evitare compressioni eccessive e temperature troppo alte per la pellicola pittorica. Da escludersi sempre e nel modo più tassativo operazioni di applicazioni di un dipinto su tela ad un supporto rigido (maruflage). I telai dovranno essere concepiti in modo da assicurare non solo la tensione giusta, ma possibilmente da ristabilirla automaticamente, quando, per cause i variazioni termoigrometriche, la tensione venisse a cedere.
PREVIDENZE DA TENERE PRESENTI NELL'ESECUZIONE DI RESTAURI A PITTURE MURALI
Per le pitture mobili la determinazione della tecnica può dare luogo talvolta a una ricerca insoluta e, allo stato attuale, insolubile, anche per le generiche categorie di pittura a tempera, a olio, a encausto, a acquerello o a pastello; per le pitture murali, eseguite comunque su manufatto odirettamente su marmo, pietra ecc., la definizione del medium usato non sarà talora meno problematica (come per le pitture murali di epoca classica), ma d'altro canto ancora più indispensabile per procedere a qualsiasi operazione di pulitura, di fissaggio, di strappo o di distacco. Soprattutto dovendosi procedere allo strappo o al distacco, prima dell'applicazione dei veli protettivi a mezzo di un collante solubile è necessario accertarsi che il diluente non scioglierà o intaccherà il medium della pittura da restaurare. Inoltre, se si tratterà di una tempera, e generalmente per le parti a tempera degli affreschi, dove certi colori non potevano essere dati a buon fresco, sarà indispensabile un fissaggio preventivo. Talora, quando i colori della pittura murale si presentino allo stato più o meno avanzato di pulverulenza, occorrerà anche una cura speciale per la spolveratura, in modo da asportare la minor parte possibile del colore pulverulento originario. Circa la fissatura del colore, bisogna orientarsi verso un fissativo che non sia di natura organica, forzi il meno possibile i toni originari, non divenga irreversibile col tempo. La polvere andrà esaminata per vedere se contenga formazioni fungine e quali cause si possano attribuire alle formazioni delle stesse. Qualora si possano accertare le cause di queste ultime e si trovi un fungicida adatto, occorrerà assicurarsi che non danneggi la pittura e possa essere facilmente rimosso. Quando si debba necessariamente orientarsi sulla rimozione del dipinto dal supporto, fra i metodi da scegliere, con equivalenti probabilità di riuscita, dovrà scegliersi lo strappo, per la possibilità che offre di recuperare la sinopia preparatoria, in caso di affreschi, ed anche perché libera la pellicola pittorica dai residui di un intonaco fatiscente o ammalato. Circa il supporto su cui ricollocare la pellicola pittorica, occorre che offra le massime garanzie di stabilità, inerzia e neutralità (assenza di pH); occorrerà altresì che possa essere costruito nelle dimensioni stesse del dipinto, senza suture intermedie, che risalterebbero inevitabilmente, col passare del tempo, sulla superficie pittorica. Il collante con cui si fisserà la tela aderente alla pellicola pittorica sul nuovo supporto dovrà potersi sciogliere con tutta facilità con un solvente che non danneggi la pittura. Qualora si preferisca mantenere il dipinto trasportato su tela, naturalmente rinforzata, il telaio dovrà essere studiato in modo, e con materie tali, da avere la massima stabilità, elasticità ed automaticità nel ristabilire la tensione che per qualsiasi ragione, climatica o meno, venisse a variare. Qualora invece che di pitture si tratti di staccare dei mosaici, occorrerà assicurarsi che le tessere, ove non costituiscano una superficie completamente piana, siano fissate e possano essere riapplicate con la collocazione originaria. Prima dell'applicazione dei veli e dell'armatura di sostegno, ci si dovrà assicurare dello stato di conservazione delle tessere ed eventualmente consolidarle. Particolare cura dovrà essere posta nel conservare le caratteristiche tettoniche della superficie.
PREVIDENZE DA TENERE PRESENTI NELL'ESECUZIONE DI RESTAURI AD OPERE DI SCULTURA
Dopo accertata la materia ed eventualmente la tecnica con cui le sculture sono state eseguite (se in marmo, pietra, stucco, cartapesta, terracotta, terracotta invetriata, terra non cotta, terra non cotta e dipinta, ecc.), ove non risultino parti dipinte e sia necessaria una pulitura, è da escludersi l'esecuzione di lavaggi tali che, anche se lascino intatta la materia, ne intacchino la patina. Perciò, nel caso di sculture di scavo o trovate in acqua (mare, fiumi ecc.) se vi saranno incrostazioni, queste dovranno essere rimosse preferibilmente con mezzi meccanici, o, se con solventi solventi, che questi siano tali da non intaccare la materia della scultura e tanto meno fissarvisi. Qualora si tratti di sculture in legno, e questo sia in stato fatiscente, l'uso di fissativi dovrà essere subordinato alla conservazione dell'aspetto originario della materia lignea. Se il legno sia infestato da tarli, termiti ecc., occorrerà sottoporlo all'azione di gas idonei, ma quanto più possibile si deve evitare l'imbibizione con liquidi che, anche in assenza di parti dipinte, potrebbero alterare l'aspetto del legno. Nel caso di sculture ridotte in frammenti, l'uso di eventuali perni, sostegni ecc., dovrà essere subordinato alla scelta di metallo non ossidabile. Per gli oggetti in bronzo si raccomanda una particolare cura per la conservazione della patina nobile (atacamite, malachite ecc.), sempre che al di sotto di essa non esistano gradi di corrosione in atto.
AVVERTENZE GENERALI PER LA RICOLLOCAZIONE DI OPERE D'ARTE RESTAURATE
Come linea di condotta assoluta non si dovrà mai rimettere un opera d'arte restaurata nel luogo originario, se il restauro fu occasionato dallo stato termoigrometrico del luogo in generale o ella parete in particolare, e se il luogo o la parete non avranno subìto interventi tali (risanamento, climatizzazione ecc.) che garantiscano la conservazione e la salvaguardia dell'opera d'arte.
Sesta Parte
Allegato d Istruzioni per la tutela dei "Centri Storici"
Ai fini dell'individuazione dei Centri Storici, vanno presi in considerazione non solo i vecchi "centri" urbani tradizionalmente intesi, ma -più in generale- tutti gli insediamenti umani le cui strutture, unitarie o frammentarie, anche se parzialmente trasformate nel tempo, siano state costituite nel passato o, tra quelle successive, quelle eventuali aventi particolare valore di testimonianza storica o spiccate qualità urbanistiche o architettoniche. Il carattere storico va riferito all'interesse che detti insediamenti presentano quali testimonianze di civiltà del passato e quali documenti di cultura urbana, anche indipendentemente dall'intrinseco pregio artistico o formale o dal loro particolare aspetto ambientale, che ne possono arricchire o esaltare ulteriormente il valore, in quanto non solo l'architettura, ma anche la struttura urbanistica possiede, di per se stessa, significato e valore. Gli interventi di restauro nei Centri Storici hanno il fine di garantire -con mezzi e strumenti ordinari e straordinari- il permanere nel tempo dei valori che caratterizzano questi complessi. Il restauro non va, pertanto, limitato ad operazioni intese a conservare solo i caratteri formali di singole architetture o di singoli ambienti, ma esteso alla sostanziale conservazione delle caratteristiche 'insieme dell'intero organismo urbanistico e di tutti gli elementi che concorrono a definire dette caratteristiche. Perché l'organismo urbanistico in parola possa essere adeguatamente salvaguardato, anche nella sua continuità nel tempo e nello svolgimento in esso di una vita civile e moderna, occorre anzitutto che i Centri Storici siano riorganizzati nel loro più ampio contesto urbano e territoriale e nei loro rapporti e connessioni con sviluppi futuri: ciò anche al fine di coordinare le azioni urbanistiche in modo da ottenere la salvaguardia e il recupero del centro storico a partire dall'esterno della città, attraverso una programmazione adeguata degli interventi territoriali. Si potrà configurare così, attraverso tali interventi (da attuarsi mediante gli strumenti urbanistici), un nuovo organismo urbano, nel quale siano sottratte al centro storico le funzioni che non sono congeniali ad un suo recupero in termini di risanamento conservativo.
Il coordinamento va considerato anche in rapporto all'esigenza di salvaguardia del più generale contesto ambientale territoriale, soprattutto quando questo abbia assunto valori di particolare significato strettamente connessi alle strutture storiche così come sono pervenute a noi (come, ad esempio, la corona collinare intorno a Firenze, la laguna veneta, le centuriazioni romane della Val Padana, la zona dei trulli pugliese ecc.). Per quanto riguarda i singoli elementi attraverso i quali si attua la salvaguardia dell'organismo nel suo insieme, sono da prendere in considerazione tanto gli elementi edilizi, quanto altri elementi costituenti gli spazi esterni (strade, piazze ecc.) ed interni (cortili, giardini, spazi liberi ecc.), ed altre strutture significanti (mura, porte, rocce ecc.), nonché eventuali elementi naturali che accompagnano l'insieme caratterizzandolo più o meno accentuatamente (contorni naturali, corsi d'acqua, singolarità geomorfologiche ecc.). Gli elementi edilizi che ne fanno parte vanno conservati non solo nei loro aspetti formali, che ne qualificano l'espressione architettonica o ambientale, ma altresì nei loro caratteri tipologici in quanto espressione di funzioni che hanno caratterizzato nel tempo l'uso degli elementi stesi.
Ogni intervento di restauro va preceduto, ai fini dell'accertamento di tutti i valori urbanistici, architettonici, ambientali, tipologici, costruttivi, ecc., da un'attenta operazione di lettura storico critica: i risultati della quale non sono volti tanto a determinare una differenziazione operativa; poiché su tutto il complesso definito come centro storico si dovrà operare con criteri omogenei;quanto piuttosto alla individuazione dei diversi vari gradi di intervento, a livello urbanistico e a livello edilizio, qualificandone il necessario "risanamento conservativo".
A questo proposito occorre precisare che per risanamento conservativo devesi intendere, anzitutto, il mantenimento delle strutture viario;edilizie in generale (mantenimento del tracciato, conservazione della maglia viaria, del perimetro degli isolati ecc.); e inoltre il mantenimento dei caratteri generali dell'ambiente che comportino la conservazione integrale delle emergenze monumentali ed ambientali più significative e l'adattamento degli altri elementi o singoli organismi edilizi alle esigenze di vita moderna,considerando solo eccezionali le sostituzioni, anche parziali, degli elementi stessi e solo nella misura in cui ciò sia compatibile con la conservazione del carattere generale delle strutture del centro storico. I principali tipi di intervento a livello urbanistico sono:
a) Ristrutturazione urbanistica. È intesa a verificarne, ed eventualmente a correggerne laddove carenti, i rapporti con la struttura territoriale o urbana con cui esso forma unità. Di particolare importanza è la analisi del ruolo territoriale e funzionale che il centro storico svolge nel tempo ed al presente. Attenzione speciale in questo senso va posta all'analisi ed alla ristrutturazione (lei rapporti esistenti fra centro storico e sviluppi urbanistici ed edilizi contemporanei, soprattutto dal punto di vista funzionale, con particolare riguardo alla compatibilità di funzioni direzionali. L'intervento di ristrutturazione urbanistica dovrà attendere a liberare i Centri storici da quelle destinazioni funzionali, tecnologiche o, in generale, d'uso, che provocano un effetto caotico e degradante degli stessi.
b) Riassetto viario. Va riferito all'analisi ed alla revisione dei collegamenti viari e dei flussi di traffici che ne investono la struttura, col fine prevalente di ridurne gli spetti patologici e ricondurre l'uso del centro storico a funzioni compatibili con le strutture di un tempo. Da considerare la possibilità di immissione delle attrezzature e di quei servizi pubblici strettamente connessi alle esigenze di vita del centro.
c) Revisione dell'arredo urbano. Esso concerne le vie, le piazze e tutti gli spazi liberi esistenti (cortili, spazi interni, giardini ecc.), ai fini di una omogenea connessione tra edifici e spazi esterni. I principali tipi di intervento a livello edilizio sono:
1) Risanamento statico ed igienico degli edifici, tendente al mantenimento della loro struttura e ad un uso equilibrato della stessa; tale intervento va attuato secondo le tecniche, le modalità e le avvertenze di cui alle istruzioni per la condotta dei restauri architettonici. In questo tipo di intervento è di particolare importanza il rispetto delle qualità tipologiche, costruttive e funzionali dell'organismo, evitando quelle trasformazioni che ne alterino i caratteri.
2) Rinnovamento funzionale degli organismi interni, (la permettere soltanto là dove si presenti indispensabile ai fini del mantenimento in uso dell'edificio. In questo tipo di intervento è di importanza fondamentale il rispetto delle qualità tipologiche e costruttive degli edifici, proibendo tutti quegli interventi che ne alterino i caratteri, così come gli svuotamenti della struttura edilizia o l'introduzione di funzioni che deformano eccessivamente l'equilibrio tipologico e costruttivo dell'organismo. Strumenti operativi dei tipi di intervento sopra elencati sono essenzialmente: - piani regolatori generali, ristrutturanti i rapporti tra centro storico e territoriale e tra centro storico e città nel suo insieme; - piani particolareggiati relativi alla ristrutturazione del centro storico nei suoi elementi più significativi; - piani esecutivi di comparto, estesi ad un isolato o ad un insieme di elementi organicamente raggruppabili.
DICHIARAZIONE DI AMSTERDAM (1975)
Il Congresso di Amsterdam, conclusione dell'Anno europeo del patrimonio architettonico 1975,
composto da delegati provenienti da tutta l'Europa, approva calorosamente la Carta europea del
patrimonio architettonico, promulgata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, che riconosce
l'architettura singolare dell'Europa quale patrimonio comune di tutti i popoli che la compongono ed
afferma l'intenzione degli Stati membri di cooperare fra di loro e con gli altri Stati europei al fine di
proteggerlo.
Nella stessa maniera, il Congresso afferma che il patrimonio architettonico dell'Europa è parte integrante
del patrimonio culturale di tutto il mondo e nota con soddisfazione l'impegno reciproco a favorire la
cooperazione e gli scambi in campo culturale, contenuto nell'Atto finale della Conferenza sulla sicurezza e
la cooperazione in Europa, approvato ad Helsinki nel luglio di questo anno.
Con ciò il Congresso pone l'accento sulle seguenti considerazioni fondamentali:
a. Oltre ad avere un inestimabile valore culturale, il patrimonio architettonico europeo conduce tutti gli
europei a prendere coscienza di una comunione di stoma e di destini. La sua conservazione è perciò di
un'importanza vitale.
b. Il patrimonio comprende non solo edifici isolati di eccezionale valore ed il loro ambiente, ma pure gli
insiemi, quartieri di città e villaggi, che offrano un interesse storico o culturale.
c. Queste ricchezze costituiscono un bene comune per tutti i popoli d'Europa; questi hanno il comune
dovere di proteggerle dai pericoli che le minacciano sempre più: negligenza e degradazione,
demolizione deliberata, nuove costruzioni non armoniose e circolazione eccessiva.
d. La conservazione del patrimonio architettonico deve essere considerata non come un problema
marginale, ma come un obiettivo essenziale della pianificazione urbana e dell'assetto territoriale.
e. I poteri locali, cui spetta la maggior parte delle decisioni importanti in materia di assetto, sono
particolarmente responsabili della protezione del patrimonio architettonico e devono aiutarsi a
vicenda scambiandosi idee e informazioni.
f. La riabilitazione dei vecchi quartieri deve essere definita e realizzata, per quanto possibile, senza
importanti modiche della composizione sociale dei residenti, ed in maniera tale che tutti gli strati della
società beneficino di un'operazione finanziata con fondi pubblici.
g. Le misure legislative ed amministrative necessarie devono essere rafforzate e rese più efficaci in tutti i
Paesi.
h. Per fronteggiare i costi del restauro, dell'assetto e della manutenzione degli edifici e dei siti di valore
architettonico o storico, un adeguato aiuto finanziario deve essere messo a disposizione degli enti
locali e dei proprietari privati; inoltre, si dovrebbero prevedere esenzioni fiscali per questi ultimi.
i. Il patrimonio architettonico sopravviverà solo se sarà apprezzato dal pubblico e soprattutto dalle
nuove generazioni. Perciò i programmi educativi devono preoccuparsi di più, ad ogni livello, di questo
settore.
j. Bisogna incoraggiare le organizzazioni private: internazionali, nazionali e locali, in maniera che
contribuiscano a suscitare l'interesse del pubblico.
k. L'architettura contemporanea è il patrimonio di domani; bisogna fare tutto h possibile per assicurare
un'architettura contemporanea di alta qualità.
Nella Carta europea del patrimonio architettonico, il Comitato dei Ministri ha riconosciuto che spetta al
Consiglio d'Europa assicurare la coerenza della politica degli Stati membri e promuoverne la solidarietà. È
indispensabile che vengano redatti rapporti periodici sullo stato di avanzamento dei lavori di
conservazione architettonica nei paesi europei, in una forma che consenta lo scambio di esperienze. Il
Congresso fa appello ai governi, ai parlamentari, alle istituzioni spirituali e culturali, agli istituti
professionali, alle ditte commerciali ed industriali, alle associazioni private, ad ogni cittadino affinché
appoggino gli obiettivi della Dichiarazione e facciano il possibile per attuarli.
Solo così si conserverà il patrimonio architettonico insostituibile dell'Europa per l'arricchimento della vita
di tutti i popoli, nel presente ed in futuro.
Al termine dei dibattiti, il Congresso sottopone le conclusioni e raccomandazioni seguenti:
A breve termine la nostra società dovrà rinunciare al patrimonio architettonico ed ai siti che formano il
suo ambiente tradizionale di vita, se non sarà attuata con urgenza una nuova politica di protezione e di
conservazione integrata di tale patrimonio. Bisogna proteggere le città storiche, gli antichi quartieri urbani
ed i villaggi tradizionali, compresi i parchi ed i giardini storici. La protezione di questi insiemi architettonici 19
può essere definita solo in una prospettiva globale tenendo conto di tutti gli edifici che hanno un valore
culturale, dai più prestigiosi ai più modesti, senza dimenticare quelli dell'epoca moderna, nonché
dell'ambiente in cui si inseriscono. Tale protezione globale completerà la protezione puntuale dei
monumenti e dei siti isolati.
Il significato del patrimonio architettonico e la legittimità della sua conservazione ora sono capiti meglio.
Si sa che la conservazione della continuità storica dell'ambiente è indispensabile per la conservazione o la
creazione di un ambiente che consenta all'uomo di trovare la propria identità e di provare un senso di
sicurezza di tonte alle trasformazioni brutali della società: una nuova
urbanistica cerca di ritrovare gli spazi chiusi, la dimensione umana, l'interpretazione delle funzioni e la
varietà socio-culturale che caratterizzano i tessuti urbani antichi. Ma si scopre pure che la conservazione
degli edifici esistenti favorisce h risparmio delle risorse e la lotta contro lo spreco, una delle grandi
preoccupazioni della società contemporanea. Bisogna aggiungere che la conservazione ricorre ad artisti
ed artigiani particolarmente qualificati, il cui talento e la cui abilità devono essere conservati e tramandati.
Infine, la riabilitazione dell'habitat esistente contribuisce a ridurre le invasioni di terre agricole e permette
di evitare o di ridurre sensibilmente gli spostamenti della popolazione, il che costituisce un notevole
vantaggio sociale della politica di conservazione.
Sebbene per tutte queste ragioni la legittimità della conservazione del patrimonio architettonico appaia
oggi con forza rinnovata, è necessario darle una base solida e definitiva; perciò essa deve suscitare
ricerche di carattere fondamentale e essere inserita in tutti i programmi di educazione e di sviluppo
culturale.
1. La conservazione del patrimonio architettonico deve essere uno dei principali obiettivi della
pianificazione urbana e dell'assetto territoriale.
La pianificazione urbana e l'assetto territoriale devono integrare le esigenze della conservazione del
patrimonio architettonico e non trattarla più in maniera frazionata o quale elemento secondario,
come spesso accadde in un passato recente. Perciò è diventato indispensabile un dialogo permanente
tra conservatori e pianificatori.
Gli urbanisti debbono riconoscere che gli spazi, non essendo equivalenti, bisogna trattarli secondo i
loro caratteri specifici. L'integrazione dei valori estetici e culturali del patrimonio architettonico deve
condurre a fissare per gli insiemi antichi particolari obiettivi e regole di assetto. Non ci si deve
limitare a sovrapporre, senza coordinarle, le solite regole di pianificazione e le norme specifiche di
protezione degli edifici storici.
Per rendere possibile questa integrazione, occorre fare l'inventario degli edifici, degli insiemi
architettonici e dei siti, con la delimitazione delle zone periferiche di protezione. Sarebbe auspicabile
che questi inventari fossero largamente diffusi, soprattutto alle autorità locali e regionali, nonché ai
responsabili dell'assetto territoriale e dell'urbanistica, per attirare la loro attenzione sugli edifici e
sulle zone che meritano di essere protetti. Tale inventario fungerà da base realistica alla
conservazione, come elemento qualitativo fondamentale per la gestione degli spazi.
La politica di assetto regionale deve integrare le esigenze della conservazione del patrimonio
architettonico e contribuirvi. Soprattutto essa può stimolare nuove attività ad insediarsi in zone di
declino economico, in modo da frenarne lo spopolamento e, in teoria, impedire la degradazione degli
edifici antichi. D'altronde, le misure decise per lo sviluppo delle periferie delle agglomerazioni
devono essere orientate in maniera da attenuare le pressioni gravanti sui vecchi quartieri. A tale
riguardo, le politiche dei trasporti, dell'occupazione ed una migliore suddivisione dei poli d'attività
urbana possono avere notevoli incidenze sulla conservazione del patrimonio architettonico. Lo
sviluppo di una politica continua di conservazione esige un largo decentramento e la presa in
considerazione delle culture locali. Ciò presuppone che vi siano dei responsabili della conservazione
ad ogni livello (centrale, regionale e locale) in cui sono prese le decisioni in materia di assetto. Ma la
conservazione del patrimonio architettonico non riguarda solo gli esperti. L'appoggio dell'opinione
pubblica è essenziale. La popolazione deve partecipare, sulla base di un'informazione obiettiva e
completa, alla elaborazione degli inventari fino alla preparazione delle decisioni.
Infine, la conservazione del patrimonio si inserisce in una nuova prospettiva generale, attenta a nuovi
criteri di qualità e di misura, che ormai deve permettere di rovesciare scelte ed obiettivi troppo
spesso determinati a breve scadenza, con una visione limitata della tecnica e, in fin dei conti, con una
concezione superata. 20
2. La conservazione integrata impegna la responsabilità degli enti locali ed esige la partecipazione dei
cittadini.
Gli enti locali debbono avere competenze precise ed ampie in materia di protezione del patrimonio
architettonico. Applicando i principi di una conservazione integrata, essi devono tener conto della
continuità delle realtà sociali e fisiche esistenti nelle comunità urbane e rurali. Il futuro non può e
non deve essere costruito a spese del passato.
Per attuare tale politica, che rispetti con intelligenza, sensibilità ed economia l'ambiente costruito
dall'uomo, gli enti locali debbono:
• basarsi su un'analisi del tessuto degli insiemi urbani e rurali, soprattutto sulla loro struttura, sulle
loro funzioni complesse, nonché sulle loro caratteristiche architettoniche e volumetriche degli
spazi costruiti ed aperti;
• attribuire agli edifici funzioni che rispondano (rispettandone h carattere) alle attuali condizioni di
vita e ne garantiscano perciò la sopravvivenza;
• essere attenti al fatto che gli studi prospettivi sull'evoluzione dei servizi pubblici (educativi,
amministrativi, medici) dimostrano che il gigantismo è sfavorevole alla loro qualità ed efficacia; -
dedicare una parte adeguata del bilancio a questa politica. In tale contesto essi dovrebbero
chiedere ai governi lo stanziamento di fondi specifici. Le sovvenzioni ed i prestiti concessi a privati
e a vari gruppi dagli enti locali debbono incitare il loro impegno morale e finanziario;
• scegliere delegati responsabili per tutte le questioni riguardanti il patrimonio architettonico ed i
siti;
• istituire organi di pubblica utilità creando un legame diretto fra gli utenti potenziali di vecchi edifici
ed i loro proprietari;
• agevolare la formazione e l'efficace funzionamento di associazioni volontarie di restauro e
riabilitazione.
I poteri locali devono perfezionare le loro tecniche di consultazione per conoscere il parere dei
gruppi interessati ai piani di conservazione e tenerne conto fin dall'elaborazione dei loro progetti.
Nel quadro della politica d'informazione del pubblico, essi devono prendere le decisioni alla luce del
giorno, usando un linguaggio chiaro ed accessibile a tutti affinché la popolazione possa conoscere,
discutere ed apprezzare i motivi delle decisioni. Dovrebbero essere previsti luoghi d'incontro per
l'intesa pubblica.
In questo senso dovrebbero diventare una pratica corrente il ricorso alle riunioni pubbliche, alle
esposizioni, ai sondaggi d'opinione, ai mass-media ed a tutti gli altri mezzi idonei.
Uno dei principali imperativi dell'azione comunale è l'educazione dei giovani in campo ambientale era
loro associazione a tutti i compiti di salvaguardia.
Le proposte complementari o alternative presentate da associazioni o privati dovrebbero essere
considerate come un pregevole contributo alla pianificazione.
Infine, agli enti locali conviene comunicarsi le rispettive esperienze. Perciò, essi dovrebbero avviare
uno scambio costante di informazioni e di idee attraverso ogni canale possibile.
3. La presa in considerazione dei fattori sociali condiziona il successo di qualsiasi politica di
conservazione integrata.
Una politica di conservazione implica pure l'integrazione del patrimonio architettonico nella vita
sociale. Lo sforzo di conservazione deve essere misurato non solo sulla base del valore culturale
degli edifici, ma pure del loro valore di utilizzo. I problemi sociali della conservazione integrata
possono essere risolti solo tramite un riferimento congiunto a queste due scale di valori.
La riabilitazione di un insieme facente parte del patrimonio architettonico non è necessariamente più
costosa di una costruzione nuova su un'infrastruttura esistente, o della costruzione di un insieme in
un sito non urbano. Dunque, non bisogna dimenticare, nel paragonare h costo dei tre sistemi (con
conseguenze sociali diverse), di valutare pure il costo sociale. Vi sono interessati non solo i
proprietarie gli inquilini, ma pure gli artigiani, i commercianti, e gli imprenditori che ci abitano e che
assicurano la vita e la manutenzione del quartiere.
Per evitare che le leggi di mercato si applichino in tutto il loro rigore nei quartieri restaurati
(provocando l'allontanamento degli abitanti che non possono pagare gli affitti più cari), i poteri
pubblici devono intervenire per moderare i meccanismi economici come fanno sempre quando si
tratta di alloggi sociali. Gli interventi finanziari possono suddividersi in premi al restauro per i 21
proprietari, regolati dalla fissazione di un massimo per gli affitti, ed in indennità di affitto agli inquilini
per diminuire ed eventualmente completare lo scarto tra vecchi e nuovi affitti.
Per permettere alla popolazione di partecipare all'elaborazione dei programmi, bisogna darle gli
elementi necessari per studiare la situazione: occorre perciò spiegarle da un lato il valore storico e
architettonico degli edifici da conservare, dall'altro darle tutte le indicazioni sulle risistemazioni
definitive e provvisorie.
Tale partecipazione sarà tanto più importante quanto più ritratterà non del restauro di alcuni edifici
privilegiati ma della riabilitazione di interi quartieri.
Tale sensibilizzazione pratica alla cultura avrebbe un notevole vantaggio sociale.
4. La conservazione integrata esige un adeguamento delle misure legislative ed amministrative. La
nozione del patrimonio architettonico è stata estesa progressivamente dal monumento storico
isolato agli insiemi architettonici urbani e rurali nonché ai contributi di epoche più recenti; perciò
una profonda riforma della legislazione, completata da un rafforzamento dei mezzi amministrativi,
costituisce la condizione site q ucc non . di un'azione efficace.
La riforma deve essere guidata dalla necessità di coordinare la legislazione relativa all'assetto
territoriale, da un lato, e la legislazione sul patrimonio architettonico, dall'altro. Quest'ultimo deve
dare una definizione nuova del patrimonio architettonico e degli obiettivi della conservazione
integrata.
Inoltre, essa deve prevedere delle procedure speciali circa:
• la scelta e la delimitazione degli insiemi architettonici;
• la delimitazione delle zone periferiche di protezione e i servizi di pubblica utilità da insediarvi;
• la definizione di programmi di conservazione integrata e l'inserimento delle esposizioni di tali
programmi nei piani di assetto;
• l'approvazione dei progetti e l'autorizzazione di eseguire i lavori. D'altro canto, il legislatore deve
prendere le disposizioni necessarie per:
• ridistribuire in modo equilibrato i fondi di bilancio dedicati all'assetto urbano e assegnati
rispettivamente alla riabilitazione ed alla costruzione;
• concedere ai cittadini che decidono di riabilitare un vecchio edificio vantaggi finanziari più o meno
equivalenti a quelli di cui usufruirebbero per una costruzione nuova;
• rivedere, in funzione della nuova politica di conservazione integrata, il sistema di aiuti finanziari
dello Stato e degli altri enti pubblici.
Sarebbe necessario rendere più elastica, nella misura del possibile, l'applicazione dei regolamenti e
delle disposizioni connessi alla costruzione in maniera da soddisfare le esigenze della conservazione
integrata.
Per aumentare la capacità operativa dei poteri pubblici è necessario rivedere la struttura
dell'amministrazione in modo che i servizi responsabili del patrimonio architettonico siano
organizzati ai livelli idonei, con personale qualificato e sufficiente, e coni mezzi scientifici, tecnici e
finanziari indispensabili.
Questi servizi dovrebbero aiutare le autorità locali, cooperare con l'assetto territoriale e mantenere
costanti relazioni con gli organi pubblici e privati.
5. La conservazione integrata esige adeguati mezzi finanziari.
È difficile definire una politica finanziaria adatta a tutti i Paesi e valutare le conseguenze delle varie
misure che intervengono nel processo pianificatore a causa delle loro reciproche ripercussioni.
Lo stesso processo è sottoposto a sua volta a fattori esterni risultanti dall'attuale struttura della
società.
Perciò, spetta ad ogni Stato definire i propri metodi e strumenti di finanziamento.
Tuttavia, si può affermare con certezza che non ci sono Paesi europei in cui i mezzi finanziari
destinati alla conservazione siano sufficienti.
Si nota, inoltre, che nessun Paese europeo ha ancora ideato un meccanismo amministrativo
perfettamente efficiente per soddisfare le esigenze economiche di una politica di conservazione
integrata.
Per riuscire a risolvere i problemi economici della conservazione integrata bisogna (ed è un fattore
determinante) che sia elaborata una legislazione che sottoponga le costruzioni nuove a certe
restrizione circa il volume (altezza, coefficiente di utilizzo dei suoli) e che favorisca un armonico 22
inserimento. Le norme di pianificazione dovrebbero scoraggiare la concentrazione e promuovere
invece la riabilitazione di un rinnovamento dopo la demolizione.
Bisogna ideare dei metodi che consentano di valutare i sovraccosti dovuti alle esigenze dei
programmi di conservazione. Si dovrebbe disporre, nella misura del possibile, di mezzi finanziari
sufficienti per aiutare i proprietari che debbano realizzare lavori di restauro a sopportare in ogni
modo gli oneri complementari.
Se tale aiuto fosse accettato, naturalmente si dovrebbe controllare acciocché il beneficio non sia
ridotto dalle imposte.
Bisogna applicare lo stesso principio perla riabilitazione di insiemi degradati di interesse storico o
architettonico: ciò consentirebbe di ristabilire l'equilibrio sociale.
I vantaggi finanziari e fiscali concessi attualmente per le costruzioni nuove dovrebbero essere
accordati nelle medesime proporzioni per la manutenzione e la conservazione degli edifici antichi
(deducendo eventualmente h sovraccosto versato).
I poteri pubblici dovrebbero creare o incoraggiare la costituzione di fondi mobili fornendo i liquidi
necessari alle collettività locali e alle associazioni a scopo non lucrativo. Ciò riguarda soprattutto le
zone in cui il finanziamento di un programma sia a breve sia a lungo termine, potrà essere finanziato
in maniera autonoma grazie al plusvalore dovuto alla forte domanda di proprietà che abbiano le
trattative.
È indispensabile tuttavia incoraggiare tutte le fonti di finanziamento privato, soprattutto di origine
industriale. Infatti numerose iniziative private hanno dimostrato il ruolo positivo che esse possono
svolgere in associazione con i poteri pubblici tanto a livello nazionale quanto locale.
6. La conservazione integrata esige una promozione dei metodi, delle tecniche e delle competenze
professionali connesse al restauro ed alla riabilitazione.
I metodi e le tecniche di restauro e di riabilitazione di edifici e di insiemi storici dovrebbero essere
sfruttati meglio, in modo vario.
Le tecniche specializzate messe a punto in occasione del restauro degli insiemi storici importanti
dovrebbero ormai essere impiegate per l'ampia gamma di edifici ed insiemi di minore interesse
artistico.
0ccorre controllare che i materiali di costruzione tradizionali rimangano disponibili e che le arti e le
tecniche tradizionali continuino ad essere applicate.
La manutenzione permanente del patrimonio architettonico permetterà di evitare, a lunga scadenza,
costose operazioni di riabilitazione.
Ogni programma di riabilitazione dovrebbe essere studiato a fondo prima dell'esecuzione: bisogna
riunire una documentazione completa sui materiali e sulle tecniche ed insieme fare un'analisi dei
costi. Tale documentazione dovrebbe essere riunita nei centri adatti.
I materiali e le tecniche dovrebbero essere usati solo dopo aver ottenuto l'accordo di istituzioni
scientifiche neutrali.
Si dovrebbero fare ricerche per l'elaborazione di un catalogo dei metodi e delle tecniche e dare vita,
per tale scopo, a istituzioni scientifiche che collaborino strettamente fra di loro. Il catalogo dovrebbe
essere comunicato a tutti gli interessati; ciò agevolerebbe la riforma dei metodi di restauro e di
riabilitazione.
È assolutamente necessario disporre dei migliori programmi di formazione del personale qualificato.
Tali programmi dovrebbero essere elastici, pluri-disciplinari e comprendere un insegnamento che
consenta di acquistare un'esperienza pratica "sul terreno". Lo scambio internazionale di conoscenze,
di esperienze e di tirocinanti è un elemento essenziale della formazione di tutto il personale
interessato.
Dovrebbe essere più facile in tal modo ottenere gli urbanisti, gli architetti, i tecnici e gli artigiani
necessari per preparare i programmi di conservazione ed assicurare la promozione dei mestieri
artigianali che intervengono nell'opera di restauro e che rischiano di scomparire.
Le possibilità di qualificazione, le condizioni di lavoro, le retribuzioni, la sicurezza del lavoro e lo
statuto sociale dovrebbero essere abbastanza attraenti per incitare i giovani a dirigersi verso le
discipline connesse al restauro ed a rimanere in questo settore d'attività.
Inoltre le autorità responsabili dei programmi d'insegnamento ad ogni livello, dovrebbero cercare di
interessare i giovani ai vari mestieri della conservazione. 23
CARTA EUROPEA DEL PATRIMONIO ARCHITETTONICO
(AMSTERDAM, 1975)
I1 Comitato dei Ministri, considerato chela finalità del Consiglio d'Europa è quella di realizzare un'unione
più stretta tra i suoi membri, per salvaguardare e promuovere, in particolare, gli ideali e i principi che
sono il loro patrimonio comune;
considerato che gli Stati membri del Consiglio d'Europa, soggetti della Convenzione culturale europea del
19 dicembre 1954, si sono impegnati, in relazione all'articolo 1 di questa Convenzione, a prendere le
misure perla salvaguardia del loro apporto al patrimonio culturale comune dell'Europa ed a incoraggiare
lo sviluppo; riconosciuto che il patrimonio architettonico, espressione insostituibile della ricchezza e della
diversità della cultura europea, costituisce l'eredità comune a tutti i popoli e che la sua conservazione
impegna la solidarietà effettiva degli Stati europei;
considerato che la conservazione del patrimonio architettonico dipende ampiamente dalla sua
integrazione nell'ambiente di vita dei cittadini e dalla sua considerazione nei piani territoriali ed urbanistici;
vista la raccomandazione della Conferenza dei Ministri europei responsabile del patrimonio
architettonico, tenutasi a Bruxelles nel 1969, e la raccomandazione 589 (1970) dell'Assemblea Consultiva
del Consiglio d'Europa, relativa ad una Carta del patrimonio architettonico;
riafferma la sua volontà di promuovere una politica europea comune e un'azione concertata di protezione
del patrimonio architettonico, impostata secondo i principi della conservazione integrata; raccomanda ai
governi degli Stati membri l'adozione di misure legislative, amministrative, finanziarie ed educative
necessarie per l'attuazione d'una politica di conservazione integrata del patrimonio architettonico e lo
sviluppo dell'interesse del pubblico per una tale politica, tenendo conto dei risultati della campagna
dell'Anno Europeo del patrimonio architettonico, organizzata nel 1975 sotto gli auspici del Consiglio
d'Europa;
adotta e proclama i principi della presente Carta, predisposta dal Comitato dei monumenti e siti, qui di
seguito enunciati:
1. Il patrimonio architettonico europeo non è formato soltanto dai nostri monumenti più importanti, ma
anche dagli insiemi degli edifici che costituiscono le nostre città e i nostri villaggi tradizionali nel loro
ambiente naturale o costruito.
Per molto tempo sono stati tutelati e restaurati soltanto i monumenti più importanti, senza tener
conto del loro contesto. Essi però possono perdere gran parte del loro valore se questo loro
contesto viene alterato. Inoltre gruppi di edifici, anche in mancanza di episodi architettonici
eccezionali, possono presentare qualità ambientali che contribuiscono a dar loro un valore artistico
diversificato e articolato. Questi gruppi di edifici debbono essere conservati in quanto tali.
Il patrimonio architettonico costituisce una testimonianza della storia e della sua importanza nella vita
contemporanea.
2. La testimonianza del passato documentata dal patrimonio architettonico costituisce un ambiente
essenziale per l'equilibrio e lo sviluppo culturale dell'uomo.
Gli uomini contemporanei, in presenza di una civiltà in continuo cambiamento i cui aspetti negativi
sono altrettanto vistosi di quelli positivi, si rendono conto spontaneamente del valore di questo
patrimonio.
Esso costituisce un elemento essenziale della memoria dell'uomo d'oggi e, qualora non si trasmettesse
alle generazioni future nella sua autentica ricchezza e nella sua diversità, l'umanità subirebbe
un'amputazione della coscienza del suo futuro.
3. Il patrimonio architettonico costituisce un capitale spirituale, culturale, economico e sociale di valore
insostituibile.
Ogni generazione interpreta in maniera diversa ed in relazione ad idee nuove il passato. Qualsiasi
riduzione di questo capitale costituisce tanto più una diminuzione di valori accumulati in quanto non
può essere compensata neanche da creazioni di elevata qualità.
Inoltre, l'esigenza di risparmiare le risorse s'impone. Lungi dall'essere un lusso per la collettività
l'utilizzazione di questo patrimonio è fonte di economie.
4. La struttura degli insiemi di edifici storici favorisce l'equilibrio armonioso delle società.
Essi presentano, infatti, degli ambienti adatti allo sviluppo di una larga gamma di attività. In passato essi
hanno generalmente consentito ad evitare la segregazione delle classi sociali. Possono di nuovo
facilitare una buona distribuzione delle funzioni e l'integrazione più ampia delle popolazioni. 24
5. Il patrimonio architettonico presenta un valore educativo determinante.
Consente di documentare e confrontare il significato delle forme e costituisce una miniera di esempi
della loro utilizzazione. L'immagine e il contatto diretto hanno di nuovo importanza decisiva nella
formazione dell'uomo. Occorre, dunque, conservare le testimonianze di tutte le epoche e di tutte le
esperienze.
Queste testimonianze possono sopravvivere soltanto se la necessità della loro tutela è compresa dalla
maggior parte della popolazione e, in particolare, dalle giovani generazioni che se ne assumeranno la
responsabilità nel futuro.
6. Questo patrimonio è in pericolo.
È minacciato dall'ignoranza, dal tempo, da ogni forma di degradazione, dall'abbandono. Un certo tipo di
urbanistica ne favorisce la distruzione quando le autorità attribuiscono eccessiva attenzione agli
interessi economici e alle esigenze della circolazione. La tecnologia contemporanea male applicata
degrada le strutture antiche. 1 restauri abusivi sono nefasti. Infine e soprattutto, la speculazione
fondiaria e immobiliare si avvantaggia di tutto e nullifica i migliori piani.
7. La conservazione integrata allontana le minacce.
La conservazione integrata è il risultato dell'uso congiunto della tecnica del restauro e della ricerca di
funzioni appropriate. L'evoluzione storica ha fatto sì che il cuore degradato delle città antiche e spesso
anche i paesi abbandonati siano divenuti delle riserve di alloggi a buon mercato. Il loro restauro deve
essere condotto in uno spirito di giustizia sociale e non deve essere accompagnato dall'esodo degli
abitanti di condizioni modeste. La conservazione integrata deve costituire perciò uno degli elementi
preliminari della pianificazione urbana e territoriale.
È opportuno notare che la conservazione integrata non esclude l'architettura contemporanea nei
quartieri antichi, ma essa dovrà tener conto dell'ambiente esistente, rispettare le proporzioni, la forma
e la disposizione dei volumi così come i materiali tradizionali.
8. La conservazione integrata richiede mezzi giuridici, amministrativi, finanziari e tecnici.
Mezzi giuridici: la conservazione integrata deve utilizzare tutte le leggi e i regolamenti esistenti che
possono concorrere alla salvaguardia e tutela del patrimonio, qualunque sia la loro origine. Qualora
queste disposizioni non consentano di raggiungere gli obiettivi determinati, converrà contemplarli e
creare gli strumenti giuridici indispensabili ai livelli appropriati: nazionale, regionale e locale.
Mezzi amministrativi: l'attuazione di questa politica esige la organizzazione di strutture amministrative
adeguate e sufficientemente consistenti.
Mezzi finanziari: la manutenzione ed il restauro degli elementi del patrimonio architettonico debbono
potersi avvalere di ogni aiuto ed incentivo finanziario, inclusi gli strumenti fiscali. È essenziale che i
mezzi finanziari, destinati dai pubblici poteri al restauro dei quartieri antichi, siano almeno di entità
uguale a quelli destinati alle nuove costruzioni.
Mezzi tecnici: gli architetti, i tecnici di ogni competenza, le imprese specializzate, gli artigiani qualificati
capaci di realizzare i restauri sono in numero insufficiente. Occorre sviluppare la formazione e
l'impiego di quadri e di manodopera, invitare le industrie edilizie ad adattarsi alle nuove necessità e a
favorire lo sviluppo di un artigianato che minaccia di scomparire.
9. La collaborazione di tutti è indispensabile per la riuscita dell'opera di conservazione integrata.
Nonostante che il patrimonio architettonico sia proprietà di tutti, ogni sua parte è alla mercé di
ciascuno di noi.
D'altra parte ogni generazione dispone del patrimonio architettonico soltanto a titolo temporaneo. È
responsabile della sua trasmissione alle generazioni future.
L'informazione del pubblico deve essere tanto più sviluppata in quanto i cittadini hanno il diritto di
partecipare alle decisioni che riguardano il loro ambiente di vita.
10.Il patrimonio architettonico costituisce il bene comune del nostro continente.
Tutti i problemi di conservazione sono comuni a tutta l'Europa e debbono essere affrontati in maniera
coordinata. È compito del Consiglio d'Europa assicurare la coerenza della politica degli Stati membri e
promuovere la loro solidarietà.
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1987
Carta della conservazione e del restauro
degli oggetti d'arte e di cultura
1 - Le considerazioni e le istruzioni implicitamente o esplicitamente enunciate nel presente documento intendono rinnovare, integrare e sostanzialmente sostituire la «Carta Italiana del Restauro» del 1972. Esse si applicano a tutti gli oggetti di ogni epoca e area geografica che rivestano significativamente interesse artistico, storico e in genere culturale. Fanno pertanto parte di tale universo di oggetti opere di architettura e di aggregazione urbana, ambienti naturali di particolare interesse antropico o faunistico e geologico, ambienti «costruiti» come parchi,giardini e paesaggi agrari, strumenti tecnici, scientifici e di lavoro, libri e documenti, testimonianze di usi e costumi di interesse antropologico, opere di figurazione tridimensionale, opere di figurazione piana su qualsiasi supporto (murario, cartaceo, tessile, ligneo, lapideo, metallico, ceramico, vitreo e così via). Tale universo di oggetti si presenta per larga parte anche frammentariamente sotto forma di reperto archeologico e/o paleologico e paleontologico isolato o inserito in larghi contesti. L'universo di oggetti sopra descritto è stato ed è sottoposto fin dal momento della nascita o del rinvenimento di ogni suo singolo elemento all'azione degradante, dispersiva e/o distruttiva di eventi e processi fisico-chimici, geologici, biologici e antropici. Un fondamentale interesse conoscitivo dell'intera umanità ha imposto e impone di contrastare e quanto meno rallentare distruzione, dispersione e degrado con ogni accorgimento di conservazione, preservando condizioni intrinseche ed estrinseche, per ogni oggetto in questione, le più vicine possibili a quelle originarie. Il passo successivo è evidentemente quando inevitabile e possibile - quello di provvedere alla sua migliore conservazione e al suo restauro. Il presente documento assume pertanto il nome di «Carta 1987 della Conservazione e del Restauro».
2 La definizione dei significati dei termini d'uso più frequente nei testi che seguono dovrà cosi intendersi:
Conservazione: l'insieme degli atti di prevenzione e salvaguardia rivolti ad assicurare una durata tendenzialmente illimitata alla configurazione materiale dell'oggetto considerato;
Prevenzione: l'insieme degli atti di conservazione, motivati da conoscenze predittive al più lungo termine possibile, sull'oggetto considerato e sulle condizioni del suo contesto ambientale;
Salvaguardia: qualsiasi provvedimento conservativo e preventivo che non implichi interventi diretti sull'oggetto considerato;
Restauro: qualsiasi intervento che, nel rispetto dei principi della conservazione e sulla base di previe indagini conoscitive di ogni tipo, sia rivolto a restituire all'oggetto, nei limiti del possibile, la relativa leggibilità e, ove occorra, l'uso;
Manutenzione: l'insieme degli atti programmaticamente ricorrenti rivolta a mantenere le cose di interesse culturale in condizioni ottimali di integrità e funzionalità, specialmente dopo che abbiano subito interventi eccezionali di conservazione e/o restauro.
3 - I provvedimenti di conservazione riguardano non soltanto la salvaguardia dell'oggetto singolo e dell'insieme degli oggetti considerati significativi, ma anche delle condizioni del contesto ambientale, purché accertato come storicamente pertinente e favorevole sia dal punto di vista fisico che della manutenzione ordinaria. I provvedimenti di restauro che intervengono direttamente sull'opera ad arrestare per quanto possibile danni e degrado devono essere atti a rispettare la fisionomia dell'oggetto quale è trasmessa dai suoi naturali e originali veicoli materiali, mantenendone agevole la lettura. Conservazione e restauro possono non essere uniti e simultanei, ma essi sono complementari e in ogni caso un programma di restauro non può prescindere da un adeguato programma di salvaguardia, di manutenzione e prevenzione.
4 - Ogni Soprintendenza, Istituto o Ufficio, appartenente al Ministero per i Beni Culturali e Ambientali o a Enti pubblici locali, responsabile in materia di conservazione del patrimonio storico-artistico e culturale compilerà un programma periodico specifico dei lavori di conservazione e di restauro nonché delle ricerche nel sottosuolo e sott’acqua, da compiersi per conto sia dello Stato, sia di altri Enti o persone. Tale programma sarà approvato dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali su conforme parere dei pertinenti Comitati di Settore del Consiglio Nazionale dei Beni culturali. Nell'ambito di tale programma, anche successivamente alla presentazione dello stesso, qualsiasi intervento sulle opere di cui al paragrafo 1 dovrà essere illustrato e giustificato da una relazione tecnica dalla quale risulteranno oltre alle vicissitudini conservative dell'opera lo stato attuale della medesima, la natura degli interventi necessari, anche per il pertinente ed eventuale risanamento ambientale, e la spesa occorrente per farvi fronte. Detta relazione sarà approvata dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali previo parere, per i casi emergenti o dubbi e per quelli previsti dalla legge, dei pertinenti Comitati di Settore sunnominati.
5 - In relazione ai fini precedentemente descritti ogni provvedimento conservativo dovrà essere commisurato ai fattori ambientali positivi e negativi giornalieri e stagionali, tenendo conto dei loro caratteri fisico- chimici, geologici, biologici e antropici. In condizioni di inquinamento ambientale grave, qualora non vi si possa porre rimedio in tempo ragionevole, è opportuno rimuovere senza indugi l'opera o le opere di maggior pregio e significato collocandole in luogo idoneo, dove sia possibile instaurare idonee, durevoli e positive condizioni ambientali. La raccomandazione vale anche per le opere la cui collocazione non risultasse adeguatamente sicura in casi di catastrofici eventi naturali (sismi, alluvioni, frane) Lo stesso dicasi per le opere eccessivamente esposte ai furti o ai danneggiamenti nonché per le opere custodi tè in ambienti dove si affollano masse incontrollabili di visitatori. A proposito del flusso dei visitatori dovrà essere caso per caso individuata una soglia massima in relazione alla cubatura dell'ambiente, alle caratteristiche delle superfici esposte agli osservatori e alle variazioni stagionali e giornaliere, climatiche e microclimatiche. Pulizie, manutenzione dell'ambiente e climatizzazione dovranno essere scrupolosamente controllate e controllabili.
6 - In relazione alle operazioni di restauro, che coinvolgono la natura materiale delle singole opere, si devono respingere fin dallo stato di progettazione del restauro stesso:
a) completamenti in stile o analogici, anche m forma semplificata, sia pure in presenza di documenti grafici o plastici che possano indicare quale fosse stato o dovesse apparire l'aspetto dell'opera finita. Si potranno ammettere limitate eccezioni nel campo dei restauri architettonici, qualora i completamenti analogici, se pure ridotti all'essenziale, si dimostrino necessari al presidio statico della fabbrica, specie nelle zone sismiche, e al più sicuro mantenimento delle parti superstiti. E ciò vale anche per quegli elementi che assicurano un normale ed equilibrato smaltimento e scivolamento delle acque meteoriche;
b) rimozioni e demolizioni che cancellino il passaggio dell'opera attraverso il tempo, a meno che non si tratti di limitate alterazione deturpanti o incongrue rispetto ai valori storici dell'opera o di completamenti in stile che la falsifichino;
c) alterazione o rimozione delle patine, sempre che non sia analiticamente dimostrato che sono irreversibilmente compromesse dall'alterazione del materiale superficiale. La conservazione di quest'ultimo può infatti essere fonte di ulteriore degrado, specie nel caso di superfici lapidee solfatare esposte all'aperto.
7 - In relazione alle operazioni di restauro, che coinvolgono la natura materiale delle singole opere, sono ammesse le seguenti operazioni e reintegrazioni:
a) aggiunte di parti accessorie in funzione statica e reintegrazioni di piccole parti storicamente accertate, marcando in modo chiaro aggiunte e reintegrazioni pur senza eccedere nella segnalazione, di esse, onde non prevaricare l'armonia del contesto. In simili casi può anche adottarsi materiale differenziato, seppure accordato cromaticamente al contesto, purché sia fì più affine e compatibile, per caratteristiche chimico-fisiche, al supporto. Ciò potrà evitare comportamenti difformi, provocati da sollecitazioni termiche diverse, a loro volta indotte da diversi: spessore, modo di applicazione e composizione. Godesti inserti dovranno essere comunque distinguibili a occhio nudo, seppure a un'osservazione ravvicinata, ricorrendo anche a lavorazioni diverse da quelle storiche, in particolare nei punti di raccordo con le parti antiche. Infine tali inserti dovranno essere siglati e datati, ove possibile, ma sempre con la debita discrezione;
b) puliture che, per le pitture e sculture policrome, non devono giungere mai alla sostanza pigmentale del colore rispettando la «patina» ed eventuali vernici antiche. Per tutte le altre specie di opere le puliture non dovranno arrivare alla nuda superfìcie della materia di cui constano le opere stesse. Possono essere tollerate eccezioni, specialmente in materia di opere architettoniche, quando il mantenimento di superfici degradate costituisca un pericolo per la conservazione dell'intero contesto (vedi paragrafo 6 e); in tal caso la procedura dovrà essere adeguatamente documentata;
c) anastilosi sicuramente documentata, ricomposizione di opere andate in frantumi, sistemazione di opere la-cunose, ricostruendo interstizi di lieve entità con tecnica chiaramente differenziabile a occhio nudo: o con zone neutre accordate a livello diverso da quello delle parti originarie, o lasciando in vista il supporto originario; comunque mai integrando ex novo zone figurate, o inserendo elementi determinanti per la figuratività dell'opera;
d) modificazioni e nuove inserzioni a scopo statico e conservativo della struttura interna o del sostrato o supporto, purché nell'aspetto, compiuta l'operazione, non risulti alterazione ne cromatica ne per la materia in quanto osservabile in superficie. E ciò, beninteso, come extrema ratio di un'esigenza conservativa altrimenti inattuabile. Nel campo specifico dell'architettura, l'esperienza degli ultimi vent'anni ha insegnato a diffidare delle in serzioni occulte in materiali speciali quali l'acciaio, l'acciaio armonico pre-teso, le «cuciture» armate e iniettate con malte di cemento o di resine, a causa della loro invasività, poca durabilità, irreversibilità e relativamente scarsa affidabilità. Appaiono pertanto preferibili anche se di vistosa estraneità all'opera, provvidenze di consolidamento di tipo tradizionale (speroni e tamponamenti, catene, cerchiature ecc.) in quanto facilmente controllabili e sostituibili;
e) nuovo ambientamento o sistemazione dell'opera,quando non esistano più o siano distrutti l'ambientamento o la sistemazione tradizionale, o quando le condizioni di conservazione esigano la rimozione (vedi paragrafo 5)
8 - Ogni intervento sull'opera, o anche in contiguità di essa ai fini di cui al paragrafo 3, deve essere eseguito in modo tale e con tali tecniche e materie da poter dare affidamento che nel futuro non renderà impossibile un nuovo eventuale intervento di conservazione e restauro. Ai fini del restauro architettonico, solo le tecniche e i materiali di cui al paragrafo 7 d sono a tutt'oggi affidabili per lunghissima sperimentazione, salvo alcune limitate eccezioni di cui all'allegato B (vedi). In ogni caso ogni intervento deve essere preventivamente studiato e motivato per iscritto e del suo corso dovrà essere tenuto un giornale, al quale farà seguito una relazione finale, con la documentazione fotografica di prima, durante e dopo l'intervento. Verranno inoltre documentate tutte le ricerche e analisi eventualmente compiute con il sussidio della fisica, la chimica, la microbiologia e altre scienze. Di tutte queste documentazioni sarà tenuta copia negli archivi degli uffici competenti di cui al paragrafo 4 e un'altra copia sarà inviata per conoscenza all'Istituto Centrale per il Restauro. Nel caso di pulitura, in un luogo possibilmente marginale della zona operata, dovrà essere conservato un campione dello stadio anteriore all'intervento, mentre nel caso di aggiunte le parti rimosse dovranno essere conservate e/o documentate in uno speciale archivio - deposito degli uffici competenti.
9 - L'uso di nuovi procedimenti di conservazione e restauro di nuove materie, rispetto a procedimenti e materie il cui uso è vigente o comunque ammesso, dovrà essere autorizzato dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali su conforme e motivato parere dell'Istituto Centrale per il Restauro, cui spetterà anche di promuovere azione presso il Ministero stesso per sconsigliare materie e metodi obsoleti, nocivi e comunque non collaudati, suggerire nuovi metodi e l'uso di nuove materie, definire le ricerche alle quali si dovesse provvedere con un'attrezzatura e con specialisti al di fuori dell'attrezzatura e dell'organico a sua disposizione.
10 - I provvedimenti intesi a preservare dalle azioni inquinanti e dalle variazioni atmosferiche, termiche e igrometriche le opere di cui al paragrafo 1, dovranno, nei limiti del possibile, rispettare l'aspetto della materia e il colore delle superna e ogni altra condizione che caratterizzi in modo sostanziale e permanente le opere stesse e il contesto ambientale in cui risiedono. Tali provvedimenti dovranno comunque essere presi in modo da evitare qualsiasi dubbio sull'epoca in cui sono stati eseguiti.
11 - I metodi specifici di cui avvalersi negli atti di con sensazione e restauro, singolarmente per i centri storici, per i monumenti architettonici, per quelli archeologici e per l'esecuzione degli scavi, nonché per le opere di pittura, scultura e arti applicate. Beni librari e archivistici, sono specificati agli allegati alle presenti istruzioni, denominati A, B, C, D, E, F.
12 - Nei casi in cui sia dubbia l'attribuzione delle competenze tecniche e sorgano conflitti in materia, deciderà il Ministro per i Beni Culturali e Ambientali sulla scorta delle relazioni dei Soprintendenti o capi di Istituto interessati, sentito il competente Comitato di Settore del Consiglio Nazionale dei Beni Culturali.
Istruzioni per la tutela dei centri storici.
L'individuazione di un «centro storico» è possibile solo a condizione di unificare sotto il concetto di aggregazione abitativa sia la città che il villaggio e di sottintendere nella parola storico la particolare messe di significati attuali e potenziali che si attribuisce al «centro». In altre parole un «centro storico» può essere definito un'aggregazione abitativa il cui significato è insostituibile nella storia di un'area culturale dell'umanità.
Aigues-Mortes e San Gimignano, per esempio, possono essere considerati campioni insigni di centri storici.
E tuttavia la storia specifica di altri centri, anche dei più grandi, mostra che in moltissimi casi il concetto di «centro storico» può essere identificato con quello di «centro antico» e costituire solo un'area, l'area storica, di una città, anche grandissima, sviluppatasi tutt'intorno o anche secondo determinate direzioni nelle forme più moderne e, talvolta, anche nelle più caotiche, stravolgenti e quasi sommergendo i lineamenti delle aree che costituivano il centro originario sotto l'onda di piena della moderna urbanizzazione. Il primo compito di tutela, conservazione e restauro riguarda, dunque, i centri e/o le aree storiche superstiti, minacciati non solo dalle calamità naturali e da quelle prodotte dagli uomini, ma anche dallo sviluppo urbano «selvaggio» e dall'altrettanto selvaggia industrializzazione. Tale compito, tutt'altro che facile, coinvolge, oggi, le competenze e le iniziative amministrative più varie: delle Regioni, del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, del Ministero dei Lavori Pubblici, del Ministero dell'Ambiente e altre ancora. In mancanza di una legge che obblighi al coordinamento tutte le istituzioni pubbliche coinvolte nell'opera di tu tela, conservazione e risanamento (ed è auspicabile che vi si ponga mano subito e proprio per iniziativa del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali), possono essere qui enunciati solo pochi principi generali e qualche indicazione di dettaglio urbanistica. Nell'intraprendere un progetto di intervento su un centro storico devono essere attentamente valutati:
a) la natura storica dell'aggregazione originaria;
b) le ragioni che hanno determinato in passato la sua sopravvivenza ovvero la sua parziale scomparsa ovvero, ancora, la sua relativa stasi o conservazione;
c) le ragioni che, a breve o a lungo periodo, minacciano la sua conservazione, sia che si tratti di tendenze all'abbandono, sia che si tratti di tendenze alla demolizione sostitutiva per un più vantaggioso utilizzo del suolo o di qualche struttura. A queste si aggiungano le ragioni di eventuali situazioni di dissesto idrogeologico derivanti essenzialmente dall'assenza di una cultura e di una prassi sistematica dell'uso delle risorse naturali e artificiali.
In linea di massima le circostanze che hanno contribuito a frenare la distruzione, l'abbandono o il riutilizzo selvaggio debbono essere individuate e chiamate a cooperare nell'opera di salvaguardia e risanamento di un centro storico. Perciò, nella gran parte dei casi, è prudente o opportuno uno studio attento e articolato delle possibilità naturali di riuso delle strutture di un centro e del ripristino, per quanto possibile, dei suoi aspetti caratterizzanti sia nei volumi che nelle loro distribuzioni e nel loro raccordo viario, nonché nella coloritura dei singoli fabbricati e nell'arredo urbano superstite. In tale studio dovranno essere ovviamente scartate le forme di riuso che renderebbero vana l'operazione di risanamento e di conservazione.
Tra i primi strumenti di riadeguamento di un centro storico al sito in cui è collocato, vanno menzionati piani di ristrutturazione e salvaguardia idrogeologica da confrontare sistematicamente con i piani di utilizzazione agricola e forestale; anche in questo caso la carenza di una cultura e di una prassi sistematica può essere esiziale. Premesso tale quadro relativo all'assetto del territorio, è evidente che nei piani di ristrutturazione urbanistica e di salvaguardia di un centro storico dovrà essere prima di tutto attentamente considerato l'aspetto ambientale in senso lato: un minuscolo centro ben conservato e ben isolato (per esempio Monteriggioni) ha bisogno di un anello di aree di rispetto da mantenere a colture verdi per un raggio proporzionato alla grandezza del centro stesso, mentre aree storiche già in via di essere sommerse dall'edilizia intensiva debbono essere soggette a limiti appropriati di altezze e di volumi. Com'è ovvio, gli strumenti urbanistici debbono in tutti i suddetti casi intervenire tempestivamente e in anticipo, calcolando che, qualora si giunga in ritardo, l'impatto di forme di urbanizzazione intensiva possono stringere come in un cappio le zone storiche, sottoponendole a uno stress veicolare intollerabile anche dal punto di vista ecologico.
Per quanto riguarda i singoli elementi attraverso i quali si attua la salvaguardia dell'organismo nel suo insieme, sono da prendere in considerazione tanto gli elementi edilizi, quanto gli elementi costituenti gli spazi esterni (strade, piazze ecc.) e interni (cortili, giardini, spazi liberi ecc.), altre strutture significanti (mura, porte, rocce ecc.), nonché eventuali elementi naturali che accompagnano l'insieme, caratterizzandolo più o meno accentuatamente: contorni naturali, corsi d'acqua, singolarità geomorfologiche (quali la Rupe di Orvieto) ecc.
Gli elementi edilizi che ne fanno parte vanno conservati non solo nei loro aspetti formali, che ne qualificano l'espressione architettonica o ambientale, ma altresì nei loro caratteri tipologici in quanto espressione di funzioni che hanno caratterizzato nel tempo l'uso degli elementi stessi. In ogni caso per questi valgono le norme di cui nell'allegato B.
Agli interventi di ristrutturazione urbanistica si può aggiungere il riassetto viario. Esso va riferito alle analisi e alla revisione dei collegamenti viari e dei flussi di traffico che ne investono la struttura, col fine prevalente di ridurne gli aspetti patologici e ricondurre l'uso del centro storico a funzioni compatibili con le strutture di un tempo.
La revisione dell'arredo urbano concerne le vie, le piazze e tutti gli spazi liberi esistenti (cortili, spazi interni, giardini ecc.), ai fini di un'omogenea connessione tra edifici e spazi interni. Tale revisione riguarderà, come già indicato, anche gli aspetti cromatici dell'edilizia dei centri storici.
I principali tipi di intervento a livello edilizio sono:
1 - risanamento statico e igienico degli edifici tendenti al mantenimento della loro struttura e a un uso equilibrato della stessa; tale intervento va attuato secondo le tecniche, le modalità e le avvertenze di cui alle istruzioni per la condotta dei restauri architettonici (vedi allegato B). In questo tipo di intervento è di particolare importanza il rispetto delle qualità tipologiche, costruttive e funzionali dell'organismo, evitando quelle trasformazioni che ne alterino i caratteri;
2 - rinnovamento funzionale degli organismi interni, da permettere soltanto laddove si presenti indispensabile ai fini del mantenimento in uso dell'edificio. In questo tipo di intervento è di importanza fondamentale il rispetto, per quanto possibile, delle qualità tipologiche e costruttive degli edifici, evitando funzioni che deformino eccessivamente l'equilibrio tipologico-costruttivo (e anche statico) dell'organismo. Strumenti operativi dei tipi di intervento sopra elencati sono essenzialmente:
a) piani territoriali di coordinamento e di miglioramento delle risorse idriche, geologiche, agricole, forestali, in relazione ai piani di viabilità ferroviaria e automobilistica, nonché marittima, fluviale e lacuale;
b) piani territoriali di coordinamento urbanistico, da integrarsi ai precedenti;
c) piani regolatori provinciali, da inquadrarsi nei precedenti;
d) piani regolatori generali (comunali) ristrutturanti i rapporti tra centro storico e territorio, tra centro storico e città nel suo insieme;
d) piani particolareggiati relativi alla strutturazione del centro storico nei suoi elementi più significativi;
f) piani esecutivi di comparto, estesi a un isolato o un insieme di elementi organicamente raggruppabili;
g) piani del colore, adeguatamente controllati su dati fisico-chimici oltre che autoptici e a mezzi di un'estesa istruttoria, in cui si tenga conto della «tradizione cromatica» di ogni centro storico, anche a mezzo di ricerche filologiche, iconografiche e documentarie.
A questa appendice avrebbe dovuto far seguito una speciale trattazione dell'ambiente non urbanizzato sia naturale che costruito. Purtroppo per le «bellezze naturali», i parchi e le riserve, i giardini annessio non a ville e monumenti storici non è stata sviluppata tuttora la dovuta attenzione in modo organico.
L'argomento richiederà in un'occasione auspicabilmente prossima un documento specifico. Qui basti dire che il problema, estremamente complesso e strettamente interagente con le tematiche ecologiche, non può che essere affrontato in sistematico raccordo e in collaborazione con i dicasteri dell'Agricoltura e dei Lavori Pubblici, con quello dell'Ambiente, con le Facoltà di Scienze e, in particolare, con biologi, botanici, geologi.
Istruzioni per la condotta della conservazione, manutenzione e restauro delle opere di interesse architettonico.
Considerazioni preliminari
La Carta del Restauro 1972, per lo specifico problema del restauro architettonico, dipendeva in larga misura dai criteri adottati per il restauro degli oggetti d'arte prevalentemente grafopittorici, dove gli aspetti visibili erano privilegiati rispetto alla struttura. Si vuole soddisfare ora la necessità di uno statuto peculiare al restauro architettonico, che riconosca agli edifici monumentali e ai contesti ambientali caratteristiche specifiche in quanto a comportamento rispetto all'aggressione degli inquinanti, agli abusi degli utenti, ai rischi sismici.
Il compito del restauro architettonico è di interpretare un manufatto storico, individuando le aggiunte e le manomissioni subite, dandogli un adeguato e controllabile miglioramento statico con mezzi compatibili e reversibili (reintegrazioni murarie, speroni, tiranti non occultati ecc.). Sinora l'esigenza di dissimulare i mezzi di rinforzo per non alterare l'aspetto e il carattere degli edifici ha giustificato il ricorso a tecnologie innovative che permettono di realizzare rinforzi invisibili, ma generalmente irreversibili, adulteranti, incompatibili e poco durabili, conservando di fatto l'aspetto e non la struttura della fabbrica.
L'uso delle tecniche tradizionali, peraltro, non è mai stato escluso dalle precedenti Carte del Restauro (Carta Italiana del 1932, Carta di Venezia del 1964, Carta del Restauro del 1972). Esse, infatti, alludevano all'uso di tecnologie innovative solo nei casi in cui quelle tradizionali non dessero sufficiente affidamento e si limitavano a raccomandare l'adozione di accorgimenti idonei a rendere percettibile l'intervento del nuovo sul vecchio. Ma, alla luce di una più matura esperienza, l'uso delle tecniche tradizionali si deve considerare applicabile non solo ai semplici miglioramenti delle condizioni statiche ma anche a molti casi di «patologie ordinarie», come si dirà meglio più avanti.
In ogni caso, dichiararsi favorevoli al recupero delle tecniche tradizionali non è sufficiente, perché è necessario saperle attuare.
L'uso esorbitante delle tecniche innovative nell'edilizia moderna in generale e anche nel campo del restauro ha causato una caduta del saper fare tradizionale, non solo considerato obsoleto, ma scorretto se non erroneo. Una rivitalizzazione di quel saper fare è possibile solo se, studiato attentamente, potrà venire diffuso nelle scuole e nelle Università attraverso una specifica didattica.
Progettazione delle operazioni di conservazione e restauro
La programmazione e l'esecuzione di cicli regolari di manutenzione e di controllo dello stato di conservazione di un monumento architettonico è la sola garanzia che la prevenzione sia tempestiva e appropriata all'opera per quanto riguarda il carattere degli interventi e la loro frequenza.
La procedura così indicata consentirà, ove l'entità degli interventi lo richieda, l'istituzione di «cantieri permanenti» con l'effetto di perfezionare le maestranze, consentire il loro ricambio fisiologico, formare squadre di veri «conoscitori» delle più riposte caratteristiche della fabbrica e del suo comportamento nel volgere del tempo. Tale procedura consentirà altresì risparmi finanziari notevoli ed eviterà, per quanto possibile, sgradevoli o devianti interventi innovativi o di ripristino.
Per quanto concerne l'utilizzazione degli edifici monumentali, si deve sottolineare che appropriate forme di riuso contribuiscono ad assicurare la loro sopravvivenza. Anche a questo fine i lavori di adattamento dovranno essere limitati al minimo rispettando, per quanto possibile, l'individualità tipologica e costruttiva dell'opera, compresi i suoi percorsi interni.
Nessun progetto di conservazione o restauro potrà dirsi idoneo a passare alla fase esecutiva se prima non sia preceduto da un attento studio dell'opera e del suo contesto ambientale, da preventivare e finanziare in modo specifico. Parte integrante di questo studio saranno ricerche bibliografiche, iconografiche, archivistiche ecc. per acquisire ogni possibile dato storico, nonché ricerche sperimentali sulle proprietà materiali del manufatto. Occorrerà in tale fase attribuire la massima importanza alla storia delle trasformazioni materiali del monumento, ricavandone, specialmente in relazione ai suoi diversi riusi, tutte le indicazioni per formulare i progetti di conservazione e/o restauro.
La documentazione di rilievo in pianta e in alzato dovrà essere controllata attentamente sia per l'opera che per il suo contesto, tenendo conto della necessità di correggere gli errori spesso gravi e a catena, che inevitabilmente vengono commessi in seguito alle note procedure di rilevamento (fotogrammetrie, rilevamenti catastali, trascrizioni di vario tipo).
Tutto il materiale raccolto come sopra descritto, diventerà una guida preziosa per la progettazione degli interventi di conservazione e/o restauro, consentendo con relativa sicurezza la scelta tra le superfetazioni da eliminare e quelle da conservare in quanto significative.
Nei casi in cui il monumento o il complesso archi tettonico da conservare si trovi in una delle molte zone oggi dichiarate sismiche, occorre fare particolare attenzione ai precedenti riutilizzi e a quello che si intende proporre nel progetto esecutivo finale.
Comunque nei casi di «patologie ordinarie» è sempre preferibile adottare le tecniche e i materiali tradizionali, che sono più omogenei con le opere da salvaguardare, così come ha anche raccomandato il Comitato Nazionale per la prevenzione dal Rischio Sismico dei Beni Culturali (1986).
Per quanto riguarda le canalizzazioni e le attrezzature di servizio, esse devono essere previste sin dall'inizio della progettazione nelle loro dimensioni e sedi definitive e in posizione idonea a non alterare ne la statica dell'edificio ne i suoi aspetti visibili, evitando così pesanti e incontrollabili interventi (scasso di murature, sfondamenti ecc.) in corso d'opera.
In ogni caso si rammenta che il progettista e direttore dei lavori è tenuto a redarre personalmente gli elenchi dei prezzi e i capitolati speciali d'appalto, evitando così contrasti e malintesi pericolosi per la migliore conduzione dell'opera.
Metodologie e tecniche di intervento
È consigliabile, nei casi di piccoli ma delicati intereventi manutentivi, il ricorso a imprese specializzate e, insieme, alla conduzione in economia. Nei casi, invece, di grandi e complessi interventi l'affidamento a misura è raccomandabile per le caratteristiche amministrative, meglio rispondenti alla complessità dei lavori. Tra l'altro l'affidamento a misura richiede un'apprezzabile precisione di contabilità e lascia una traccia preziosa del lavoro compiuto.
In ogni caso i restauri devono essere continuamente vigilati e diretti sia per assicurarne la buona esecuzione sia per poter intervenire prontamente a fronte di fatti nuovi, difficoltà o dissesti murari; per evitare infine, specie quando operano piccoli e grandi mezzi di demolizione, che compaiano elementi prima ignorati o eventualmente sfuggiti all'indagine preventiva, ma certamente utili alla conoscenza dell'edifìcio e alla condotta del restauro. In particolare il direttore dei lavori, prima di raschiare, tinteggiare o eventualmente rimuovere intonaci, deve accertare l'esistenza o meno di qualsiasi traccia di decorazioni e/o quali fossero le originali grane e coloriture delle pareti e delle volte ecc. Infatti è un'esigenza fondamentale del restauro quella di rispettare e salvaguardare finché è possibile l'autenticità degli elementi costitutivi.
1. Interventi di consolidamento murario. Nel caso di murature fuori piombo, anche se perentorie necessità ne suggeriscano la demolizione e ricostruzione, va anzitutto esaminata e tentata la possibilità di raddrizzamento senza sostituire le murature originarie.
La pratica del raddrizzamento peraltro è documentabile anche nel cantiere di restauro ottocentesco, se ottenuta con tagli localizzati e tirantature; va tenuto conto in ogni caso che il trauma del taglio, anche se sanato di malte speciali, non appare una pratica raccomandabile in un contesto di forte sismicità o qualora il muro non sia assai ben costruito con pietra e laterizi e buone malte. In caso contrario si impone, nel superiore interesse della conservazione, lo smontaggio e rimontaggio del muro, se in pietra da taglio, o il suo disfacimento e rifacimento, se in mattoni o in muratura a sacco, per rimetterlo a piombo.
In molti casi zone murarie eseguite assai male e con malte degradate o con materiali male assortiti appaio no interpolate in contesti di buona fattura e resistenza. In tali casi è comportamento tradizionale eliminare in breccia la zona compromessa o fessurata e rifarla con buoni materiali (possibilmente affini a quelli circostanti) a cuci e scuci.
Tale procedura è ancora adottata da molte imprese, specialmente nella provincia. Essa richiede molta perizia nei puntellamenti provvisori e nel saper prevedere il ritiro delle malte: merita pertanto di essere utilizzata e incoraggiata. E ovvio che, nel caso di contesti murari di pregio storico-artistico, si dovrà far di tutto per preservare la parte degradata anche ricorrendo a foderature interne in muratura; assai meno consigliabili sono peraltro i diffusissimi metodi del consolidamento locale o diffuso con «cuciture armate» iniettate con malte cementizie o resinose, per vari motivi. Prima di tutto le «cuciture armate», anche se consentono l'assimilazione del muro a una lastra di cemento armato (sempre che siano bene eseguite), sono adottabili solo su muri a sacco o su muri tanto porosi, per qualità della pietra e per degrado delle malte, da garantire un significativo assorbimento di materiale cementante e un annegamento effettivo dell'acciaio dell'armatura. Qualora tali due condizioni non si verificassero, l'intervento potrebbe a breve termine rivelarsi inefficace o addirittura controproducente. Nel caso di muri a sacco abbastanza porosi da risentire degli effetti benefici dell'impregnazione, si deve ciononostante fare attenzione
alla composizione delle malte: infatti in molte zone regionali (Bolognese, Sicilia orientale ecc.) esse si presentano composte di gesso che, a contatto con l'acciaio, lo corrode in pochi anni, annullando gli effetti positivi dell'impregnazione. Qualora ci si imbattesse in murature di terra cruda con "malta di fango o in pietra con malta di fango (assai più diffusa di quanto non si creda nell'intera penisola), le iniezioni appaiono non praticabili. Esse infatti lo sarebbero solo in condizioni tali da modificare il contesto murario. I lavaggi preventivi rischierebbero infatti di eliminare le malte di fango con possibili cedimenti in corso d'opera e di disfare parzialmente i mattoni crudi. Appaiono pertanto praticabili solo il metodo manuale del parziale rabbocco con malte di calce e sostituzione in breccia.
Peraltro nei casi più favorevoli il procedimento delle iniezioni armate sarebbe valido se si potesse controllare praticamente l'uniforme copertura dell'acciaio da parte del cemento, ma ciò è oggi impossibile.
Qualora la pratica delle iniezioni armate debba essere necessariamente adottata, occorre curare attentamente i procedimenti di ritenzione della malta fluida, che il più delle volte costringono a mutare profondamente la fisionomia delle murature coi rabbocchi dei giunti, gli intonaci, le colature ecc. L'iniezione armata è in linea di massima accettabile in casi di murature informi o con riempimento a sacco o tali da dover essere in un secondo momento a rivestimento laterizio.
2. Eventuali sostituzioni o reintegrazioni di paramenti lapidei o laterizi. Le sostituzioni e le eventuali integrazioni di paramenti murari, ove necessario e sempre nei limiti più ristretti, dovranno essere sempre distinguibili dagli elementi originari, differenziando i materiali o le superfici di nuovo impiego. Tra i metodi di differenziazione si raccomanda la massima sobrietà, rammentando che molto spesso è sufficiente sostituire un travertino lavorato alla martellina, ma degradato anche staticamente, con del travertino lavorato al filo elicoidale e non arrotato ne allisciato, e così per il tufo, la calcarenite, il botticino, la pietra d'Istria ecc.
Per quel che riguarda i laterizi, basterà la sola posa dell'operatore allevato nel cantiere industriale a far individuare la tessitura rinnovata, anche se il laterizio fosse tanto ben cotto e arrotato da stare a confronto con quello del contesto. Si eviti solo di «invecchiare» la nuova toppa con mezzi meccanici, corrodendola al fine di somigliare al contesto corroso.
3. Interventi su applicazioni decorative in stucco, a fresco, graffite. Per questi reperti, quando si esclude per gli esterni l'effetto combinato delle intemperie e dell'impatto più o meno diretto con i raggi solari, la maggior parte delle cause di degrado si può ricondurre al dilavamento e alle infiltrazioni d'acqua. Dilavamento, percolamento, infiltrazioni e imbibizioni sono di solito di origine pluviale, ma, specialmente laddove gli edifici sono stati riutilizzati modernamente, i danni sono molto spesso determinati dai moderni impianti idrici.
Pertanto la migliore prevenzione dell'erosione, dello sfaldamento e del distacco è nella costante manutenzione e nell'eventuale pronto risanamento delle coperture e dei pluviali, con riferimento sia alle volte e pareti interne che alle superfici esterne. Una volta assicurata la perfetta efficienza delle coperture e dei sistemi idrici, di qualunque tipo essi siano, si può passare al consolidamento di stucchi, pareti affrescate e graffite senza il timore di vedere in breve tempo
reso inutile il lavoro di restauro. Qualora disgregazioni e sfaldamenti dipendano da cause diverse da quelle idriche andranno eseguiti specifici accertamenti. Esplorando le eventuali correnti osmotiche ascendenti e le condizioni microclimatiche esterne e inteme all'edificio che possano aver sottoposto stucchi, affreschi e graffiti a fenomeni particolari di convezione, condensazione ecc., le operazioni di consolidamento dovranno essere conseguenti ad attente analisi, che dovranno condurre a identificare le cause di ogni disgregazione o soluzione. Per le particolarità operative si rimanda a quanto esposto nell'allegato C.
4. Reintegrazioni e/o sostituzioni di intonaci e/o tinteggiature. Alla base di ogni intervento dovrà essere analizzato con cura il grado di adesione degli intonaci al supporto e l'ampiezza degli eventuali distacchi. Il mezzo più semplice ed efficace rimane sempre quello di «bussare» con le nocche. In adeguate condizioni di spazio una buona mappa delle zone non o scarsamente aderenti può essere ricavata mediante la termografia. Se le zone non aderenti dell'intonaco sono originali occorre farle riaderire con i metodi e le tecniche ben noti, già sperimentati dall'ICR.
Nei casi in cui le zone non aderenti non siano originali o sia comunque inevitabile la loro demolizione, si impone la loro sostituzione mediante toppe che dovranno essere composte con materiale e granulometria il più possibile simile a quelli del contesto con l'addizione di materiali sintetici in piccole parti in modo da ottenere una stesura confrontabile con il contesto. Si intende che tra gli intonaci originali non possono essere compresi gli intonaci di manutenzione più volte rinnovati, a meno che l'uno o l'altro strato aggiunto non supportino informazioni capaci di agevolare la ricostruzione deUe vicende storiche dell'edificio.
L'identificazione della coloritura originaria di un intonaco originale è, com'è noto, impresa assai ardua e delicata. L'esame serigrafico può essere determinante purché il prelievo, di circa 10x10 cm, sia effettuato in zone in cui con certezza si sappia, o si possa inferire, che siano rimaste almeno piccole parti dell'intonaco originario, non solo perché non coinvolte dalla caduta o dallo smaltimento del resto di quell'intonaco, ma anche perché protette a sufficienza dalle escursioni climatiche (sottotetti, cornicioni, marcapiani, cornici delle finestre). Una volta accertata l'identità della coloritura originaria, non solo per l'aspetto, ma anche per la composizione chimica, accertata altresì la natura dell'intonaco per granulometria e materiale impiegato, si potrà procedere, ove ciò sia ritenuto significativo, a una reintonacatura simile a quella originaria, sempre avendo cura di segnare in qualche modo e sobriamente il limite tra quest'ultima e la parte nuova. S'intende che tale sobria marcatura avrà valore soprattutto quando la trasformazione del nuovo intonaco dovuta all'invecchiamento lo renderà più simile all'intonaco originale. Non poche difficoltà ostacolano il raggiungimento dell'obiettivo sopra indicato: difficoltà di reperimento della calce spenta bene e da tempo sufficiente (6 mesi); difficoltà di supplirla talvolta anche con calce idrata; difficoltà di riprodurre le vecchie tinte, da un lato utilizzabili bene solo con buona calce, dall'altro soppiantate gradualmente da nuovi materiali coloranti, sintetici e di minor costo, ma inadatti a durare negli esterni. Queste difficoltà spiegano, almeno in parte, numerose alterazioni ed errori nell'aspetto cromatico degli edifici monumentali. Tanto più sono perciò utili e necessario le fatiche richieste per raccogliere informazioni esatte e complete, quanto possibile, dalle fonti d'archivio, da quelle letterarie e spesso anche (ma con qualche prudenza) dai vedutisti. Analisi e documentazioni esaustive, pigmenti naturali, possibilmente arricchiti con sostanze proteiche e mescolati con calce (ben stagionata: oltre un anno) se la coloritura debba essere applicata sul vecchio intonaco, sono le condizioni necessarie per avvicinarsi con buona approssimazione agli aspetti dell'intonaco originario, anche nella durevolezza.
5. Interventi di consolidamento della pietra o dei laterizi a faccia vista. Non sempre le pietre o i laterizi a faccia vista furono previsti tali in origine: spesso, particolarmente nell'Ottocento, essi sono tornati a vista con l'aiuto di energiche e diffuse campagne di stonacatura, che non sempre si dettero cura di risarcire i giunti esposti, accelerandone dunque il degrado. Quando sia stata presa la decisione di lasciare un'opera comunque a faccia vista, sarà necessario rivedere lo stato dei giunti e provvedere all'occorrenza alla loro sigillatura con malte compatibili e affini a quella del contesto. Il consolidamento generale avverrà secondo le caratteristiche particolari del tipo di pietra, utilizzando corrispondenti ai requisiti individuati dalle raccomandazioni NORMAL e dalla sperimentazione dell'ICR.
Qualora fosse storicamente dimostrato che pietre e/o laterizi furono rivestiti e protetti da intonaci, stucchi, o coloriture a calce, si potrà, volta per volta, decidere di replicare tale rivestimento (in ogni caso ottimo per la miglior conservazione del materiale esposto) sulla base del contesto in cui si colloca il monumento e di altre considerazioni di ordine storico critico.
In ogni caso si dovrà provvedere previamente a una pulitura efficace dei paramenti con mezzi e tecniche già ampiamente sperimentati dall'ICR.
Sui metodi di protezione dei paramenti lapidei o in laterizio non vi è tuttora un accordo soddisfacente.
L'applicazione di resine sintetiche impermeabilizzanti è, infatti, affidabile solo in pane modesta in quanto queste, per varie ragioni, risultano alla fine non interamente idrorepellenti. In conseguenza sembra che possano solo rallentare il processo di escoriazione e desquamazione delle superfici lapidee, ma non evitare l'azione del gelo ne quella della solfatazione dei carbonati di calcio, laddove quest'ultima sia favorita dalla combinazione tra corpuscoli carboniosi (spinti dal percolamento neUa porosità della pietra), ossigeno e piogge acide.
Più che a miracolose invenzioni di liquidi protettivi la preservazione della pietra, come quella degli organismi viventi, sembra affidata all'abolizione delle cause che producono l'inquinamento atmosferico. 6.
Interventi di consolidamento delle strutture lignee.
La durabilità delle strutture lignee, incendi a parte, è nel complesso molto superiore a quanto si pensi, ma a condizione che siano ben aerate tutte le loro parti a cominciare da quelle incassate nelle murature. Negli ultimi decenni la perdita di parecchi tetti secolari si deve alla sigillatura delle fessure predisposte per l'aerazione delle teste delle travi, messa in atto per evitare il transito degli insetti e degli uccelli, La buona aerazione dei sottotetti è dunque la migliore garanzia della conservazione delle parti in legname e della non ossidazione delle eventuali staffature e/o grappe, mentre l'umidità dei sottotetti può causare la diffusione delle infestazioni termitiche. La raccomandazione di massima è perciò quella di conservare e promuovere la buona aerazione dei tetti lignei con l'apertura di spiragli, «cappuccine» e simili, contrastando il transito degli uccelli con reticelle antipiccione. Non sono raccomandabili materiali eccessivamente impermeabilizzanti come le guaine, mentre è accettabile il cartonfeltro bisabbiato steso in strisce orizzontali che assicurano una buona impermeabilizzazione, nonché la traspirazione del sottotetto. Ancor meno raccomandabile è l'uso dellguaine in rame con sovrapposti materiali sintetici, che possono anche produrre condensa a contatto con i tavolati, accelerando il loro degrado". Nei casi in cui sia assolutamente indispensabile sostituire le strutture lignee, è bene esaminare anzitutto se non sia possibile procedere gradualmente, come spesso è stato fatto in passato: nei casi più gravi sostituendo un'intera trave, in altri casi staffandole per ovviare alle fenditure longitudinali ecc.
E consigliabile che per le dette sostituzioni si costituiscano depositi di legname di demolizione di vecchi fabbricati. Soprintendenze e Provveditorati alle opere pubbliche dovrebbero adoperarsi attivamente per costituire tali depositi ed evitare di avviare tutti i legnami di demolizione allo scarico. In linea di massima operare per il consolidamento di strutture lignee significa contemporaneamente operare per mantenerle aerate, renderle ignifughe, disinfestarle e indurirle. Per far questo non mancano resine e sostanze chimiche di vario genere. È tuttavia consigliabile far ricorso a queste procedure solo m casi di reali necessità, anche in vista del fatto che esse aumentano il rischio di infiammabilità. Non si dimentichino taluni pregi insostituibili delle strutture lignee: nei solai esse, oltre all'elasticità, esercitano un contatto morbido sul contesto murario. Infatti il legno si deforma plasticamente senza fratturare la pietra o i mattoni, in caso di leggera flessione sugli appoggi, a differenza del ferro. Infine, oltre ad avere caratteristiche igroscopiche il legno ha anche coibenza acustica e portanza rilevante.
A proposito dei solai lignei è da respingere la pratica di gettarvi sopra solette cementizie leggermente armate, procedendo direttamente sul tavolato o sulle pianelle con semplice interposizione di un velo di plastica. Infatti la soletta impermeabile impedisce il fisiologico passaggio dell'aria da piano a piano favorendo la marcescenza dei legnami in caso di accumulo di umidità, sia questa dovuta a condensa, sia a tubazioni difettose; inoltre la soletta renderà impossibile ogni opera manutentiva ristretta alle successive sostituzioni dei legnami ammalorati. In conclusione è preferibile intervenire, nelle pratiche manutentive, con smontaggio e rimontaggio per parti puntando su un'auspicabile ricostituzione di un «saper fare» manualistico.
7. Scultura in pietra. Le sculture in pietra poste all'esterno degli edifìci o nelle piazze debbono essere vigilate intervenendo con operazioni di consolidamento e di protezione stagionale, attraverso metodi noti e collaudati. Per la buona conservazione delle fontane di pietra o di bronzo, occorre decalcificare l'acqua eliminando le incrostazioni calcaree e le periodiche dannose ripuliture. Quando la buona conservazione di una scultura nel luogo originario risulti impossibile, converrà trasferirla in un locale interno, le cui condizioni climatiche siano favorevolmente note.
Per non depauperare significativamente la decorazione esterna delle fabbriche può essere talvolta necessario collocarvi copie fedeli e puntuali al posto degli originali trasferiti in luogo sicuro. E consigliabile dare mandato di eseguire tali copie a esperti scultori in pietra, metalli ecc. che siano in grado di praticare il rapportamento in scala 1:1. E bene, invece, evitare la pratica dei calchi allo scopo di risparmiare alla «pelle d'invecchiamento naturale» (patina) e alle eventuali coloriture degli originali i temibili traumi provocati dall'applicazione e dal distacco delle forme. Tali traumi e danneggiamenti sono tanto più probabili quanto più il trasferimento dell'opera è stato motivato dalle cattive condizioni di conservazione. S'intende che dopo il consolidamento i pericoli connessi a simili operazioni di calco si attenuano molto, ma a due condizioni:
a) che il consolidamento sia stato eseguito a perfetta regola d'arte e con sostanze perfettamente non adesive rispetto a quelle utilizzate per la forma;
b) che venga praticata con la dovuta esperienza e destrezza sia l'immissione del mastice siliconico tra la scultura e i gusci della forma in vetroresina, sia, successivamente, la liberazione dell'originale dal calco. Naturalmente dovrà essere fatta attenzione al mutamento di carico che in qualche caso comporta la sostituzione degli originali con altro materiale, eventualmente sintetico e in ogni caso difficilmente omogenizzabile almeno per peso specifico, con il materiale dell'originale. E evidente che la «pelle d'invecchiamento naturale» non deve essere intaccata sia per ragioni storiche ed estetiche, sia perché essa disimpcgna funzioni protettive. Perciò prima di iniziare qualsiasi operazione di pulitura è indispensabile procedere alle normali indagini con particolare riguardo alla presenza di cromie (vedi qui il paragrafo 4). Si possono asportare i materiali estranei accumulatisi sopra la pietra (detriti polverosi, fuliggine, guano di colombi ecc.) usando spazzole vegetali o getti d'aria a pressione moderata. Dovranno perciò essere evitate le spazzole metalliche e i raschietti e sono in generale da escludere getti a forte pressione di sabbia, d'acqua e di vapore. Sono anche sconsigliabili lavaggi con sostanze corrosive o a forte potere detergente.
8. Interventi sugli elementi metallici. Il ferro forgiato pre-moderno è assai più resistente all'ossidazione del ferro industriale, ma anch'esso col tempo si ossida e «gonfia», compromettendo i partiti lapidei ove impiegato sotto forma di grappe o perni o grate (cfr.le grate di ferro forgiato del ponte S. Angelo a Roma). In tali casi non resta altro espediente se non quello di sostituire i ferri in questione (quando non abbiano importanza se non statica) con elementi metallici di sicura stabilità fisico-chimica. Ad esempio l'acciaio inossidabile tipo AISI 304 o 316, ovvero, per evitare la corrosione interstiziale, l'acciaio con zincatura pesante, ovvero il titanio. In questi casi potrà essere convenientemente ripristinato l'ottimo uso pre-moderno di fissare perni o grappe e simili negli alloggiamenti lapidei col piombo fuso. Qualora si trattasse di grate ormai forzate negli alloggiamenti originari fino a comprometterne la stabilità, specie se esposte anche a forti escursioni termiche, si provvederà a conferire agli alloggiamenti maggiore larghezza onde consentire le dilatazioni temporanee e accogliere meglio le dilatazioni permanenti.
a) piani territoriali di coordinamento e di miglioramento delle risorse idriche, geologiche, agricole, forestali, in relazione ai piani di viabilità ferroviaria e automobilistica, nonché marittima, fluviale e lacuale;
b) piani territoriali di coordinamento urbanistico, da integrarsi ai precedenti;
c) piani regolatori provinciali, da inquadrarsi nei precedenti;
d) piani regolatori generali (comunali) ristrutturanti i rapporti tra centro storico e territorio, tra centro storico e città nel suo insieme;
d) piani particolareggiati relativi alla strutturazione del centro storico nei suoi elementi più significativi;
f) piani esecutivi di comparto, estesi a un isolato o un insieme di elementi organicamente raggruppabili;
g) piani del colore, adeguatamente controllati su dati fisico-chimici oltre che autoptici e a mezzi di un'estesa istruttoria, in cui si tenga conto della «tradizione cromatica» di ogni centro storico, anche a mezzo di ricerche filologiche, iconografiche e documentarie.
A questa appendice avrebbe dovuto far seguito una speciale trattazione dell'ambiente non urbanizzato sia naturale che costruito. Purtroppo per le «bellezze naturali», i parchi e le riserve, i giardini annessio non a ville e monumenti storici non è stata sviluppata tuttora la dovuta attenzione in modo organico.
L'argomento richiederà in un'occasione auspicabilmente prossima un documento specifico. Qui basti dire che il problema, estremamente complesso e strettamente interagente con le tematiche ecologiche, non può che essere affrontato in sistematico raccordo e in collaborazione con i dicasteri dell'Agricoltura e dei Lavori Pubblici, con quello dell'Ambiente, con le Facoltà di Scienze e, in particolare, con biologi, botanici, geologi.
Istruzioni per la conservazione e il restauro delle antichità
Oltre alle norme generali contenute negli articoli della Carta 1987 della Conservazione e del Restauro, è necessario nel campo delle antichità tener presenti particolari esigenze relative alla salvaguardia del sottosuolo archeologico e alla conservazione e al restauro dei reperti durante le ricerche terrestri e subacquee in riferimento all'art. 4.
Il problema di primaria importanza della salvaguardia del sottosuolo archeologico è necessariamente legato alla serie di disposizioni e di leggi riguardanti l'esproprio, l'applicazione di particolari vincoli, la creazione di riserve e parchi archeologici. In concomitanza con i vari provvedimenti da prendere nei diversi casi, sarà comunque sempre da predisporre l'accurata ricognizione del terreno, volta a raccogliere tutti gli eventuali dati riscontrabili in superficie, i materiali ceramici sparsi, la documentazione di elementi eventualmente affioranti, ricorrendo inoltre all'aiuto delle varie tecniche di rilevamento e di telerilevamento e delle prospezioni del terreno, in modo che la conoscenza quanto più completa possibile della natura archeologica del terreno permetta più precise direttive per l'applicazione delle norme di salvaguardia della natura e dei limiti dei vincoli, per la stesura dei piani regolatori e per la sorveglianza, nel caso di esecuzione di lavori agricoli o edilizi.
Per la salvaguardia del patrimonio archeologico sottomarino, collegata alle leggi e disposizioni vincolanti gli scavi subacquei e volta a impedire l'indiscriminata e inconsulta manomissione dei relitti di navi antiche e del loro carico, di ruderi sommersi e di sculture affondate, si impongono provvidenze particolarissime, a cominciare dall'esplorazione sistematica delle coste italiane con personale specializzato al fine di arrivare alla compilazione accurata di una Forma Maris con l'indicazione di tutti i relitti e i monumenti sommersi, sia ai fini della loro tutela, sia ai fini della programmazione delle ricerche scientifiche subacquee. Il recupero di un relitto di un'imbarcazione antica non dovrà essere iniziato prima di aver predisposti i locali e la particolare necessaria attrezzatura che permettano il ricovero dei materiali recuperati dal fondo marino, tutti quegli specifici trattamenti che richiedono soprattutto le parti lignee, con lunghi e prolungati lavaggi, bagni di particolari sostanze consolidanti, con determinato condizionamento dell'aria e della temperatura. I sistemi di sollevamento e di recupero di imbarcazioni sommerse dovranno essere studiati di volta in volta in relazione allo stato particolare dei relitti, tenendo conto anche delle esperienze acquisite internazionalmente in questo campo soprattutto negli ultimi decenni. In queste particolari condizioni di rinvenimento - come anche nelle normali esplorazioni archeologiche terrestri - dovranno considerarsi le speciali esigenze di conservazione e di restauro degli oggetti secondo il loro tipo e la loro materia: ad esempio per i materiali ceramici e per le anfore si prenderanno tutti gli accorgimenti che consentano l'identificazione di eventuali residui o tracce del contenuto, costituenti preziosi dati per la storia del commercio e della vita nell'Antichità; particolare attenzione dovrà inoltre esercitarsi per il riscontro e il fissaggio di eventuali iscrizioni dipinte, specialmente sul corpo delle anfore. Durante le esplorazioni archeologiche terrestri, mentre le norme di recupero e di documentazione rientrano più specificatamente nel quadro delle norme la relative alla metodologia degli scavi, per ciò che con cerne il restauro debbono osservarsi gli accorgimenti che, durante le operazioni di scavo, garantiscono l'immediata conservazione dei reperti, specialmente se essi sono più facilmente deperibili, e l'ulteriore possibilità di salvaguardia e restauro definitivi.
Nel caso del ritrovamento di elementi disaggregati di decorazioni in stucco o in pittura o in mosaico o in opus sectile è necessario, prima e durante la loro rimozione, tenerli uniti con colate di opportuni leganti (ovviamente reversibili), con garze e adeguati collanti, .a in modo da facilitarne la ricomposizione e il restauro in laboratorio. Nel recupero di vetri è consigliabile non procedere ad alcuna pulitura durante lo scavo, per la facilità con cui sono soggetti a sfaldarsi. Per quel che riguarda ceramiche e terrecotte è indispensabile non pregiudicare, con lavaggi o affrettate puliture, l'eventuale presenza di pitture, vernici, iscrizioni. Particolari delicatezze s'impongono nel raccogliere oggetti o frammenti di metallo, specialmente se ossidati, ricorrendo, oltre che a sistemi di consolidamento, eventualmente anche ad adeguati supporti. Speciale attenzione dovrà essere rivolta alle possibili tracce o impronte di tessuti. Rientra nel quadro soprattutto dell'archeologia pompeiana l'uso, ormai largamente e brillantemente sperimentato, di ottenere calchi dei negativi di piante e di materiali organici deperibili mediante colate di gesso nei vuoti rimasti nel terreno. Ai fini dell'attuazione di queste istruzioni si rende necessario che, durante lo svolgimento degli scavi, sia garantita la disponibilità di restauratori pronti, quando necessario, al primo intervento di recupero e fissaggio.
Con particolare attenzione dovrà essere affrontato il problema del distacco e successiva ricollocazione in situ delle opere di pittura e di mosaico. L'esperienza ha insegnato infatti che non sempre il distacco è praticabile senza danni, e la ricollocazione non è opportuna, specie se non si sono modificate adeguatamente le condizioni ambientali e di fruizione delle opere stesse. Il distacco e la ricollocazione nella sede originaria dovranno essere considerati eccezioni e non regola. In caso di riconosciuta necessità del distacco o dello strappo, e della successiva ricollocazione, si raccomanda che il supporto sia realizzato con materiali chimicamente e fisicamente compatibili con l'opera.
Particolari esigenze di salvaguardia dai pericoli derivanti dall'alterazione climatica richiedono gli interni con pittura parietale in situ (grotte preistoriche, tombe, piccoli ambienti); in questi casi è necessario mantenere costanti due fattori essenziali per la migliore conservazione delle pitture; il grado di umidità ambiente e la temperatura-ambiente. Tali fattori vengono facilmente alterati da cause esterne eri estranee all'ambiente, specialmente dall'affollamento dei visitatori, da illuminazione eccessiva, da forti alterazioni atmosferiche esterne; si rende perciò necessario studiare particolari cautele anche nell'ammissione di visitatori, mediante camere di climatizzazione interposte fra l'ambiente antico da tutelare e l'esterno. Tali precauzioni vengono già applicate ai monumenti preistorici dipinti in Francia e in Spagna e sono auspicabili anche per molti nostri monumenti (tombe di Tarquinia).
Per il restauro dei monumenti archeologici, oltre alle norme generali contenute nella Carta 1987 della Conservazione e del Restauro e nelle istruzioni per la condotta dei restauri architettonici, saranno da tener presenti alcune esigenze in relazione alle particolari tecniche antiche. Innanzitutto, quando per il restauro completo di un monumento, che ne comporta necessariamente anche lo studio storico, si debba procedere a saggi di scavo, allo scoprimento delle fondazioni, le operazioni debbono essere condotte col metodo stratigrafico, che può offrire preziosi dati per le vicende e le fasi dell'edificio stesso.
Per il restauro di cortine di opus incertum, quasi reticulatum, reticulatum e vitatum, se si usano la stessa qualità di tufo e gli stessi tipi di tufelli si dovranno mantenere le parti restaurate su un piano leggermente più arretrato, così pure le cortine laterizie.
Quale alternativa all'arretramento della superficie nelle integrazioni di restauro moderno, si può utilmente praticare un solco di contorno che delimiti la parte restaurata o inserirvi una sottile lista di materiali diversi.
Sarà infine opportuno collocare in ogni zona restaurata targhette con la data o imprimervi sigle o speciali contrassegni. In ambiente romano, il marmo bianco può essere integrato con travertino o calcare, in accostamenti già sperimentati con successo (restauro del Valadier all'arco di Tito).
Nei monumenti antichi e particolarmente in quelli di epoca arcaica o classica è da evitare l'accostamento di materiali diversi e anacronistici nelle parti restaurate, che risulta stridente e offensivo anche dal punto di vista cromatico, mentre si possono usare vari accorgimenti per differenziare l'uso di materiale uguale a quello con cui è costruito il monumento e che è preferibile mantenere nei restauri. Un problema particolare dei monumenti archeologici è costituito dalle coperture dei muri rovinati. E consigliabile realizzare tali coperture, rinunciando all'estetica puramente scenografica del rudere, con lastre possibilmente di coccio pesto a doppio spiovente e munite di gocciolatoio in modo da evitare il per colamento sulle sottostanti facce del muro.
Riguardo al problema generale del consolidamento dei materiali architettonici e delle sculture all'aperto, sono da evitare sperimentazioni con metodi non sufficientemente comprovati, tali da recare danni irreparabili.
Per i reperti archeologici a carattere architettonico si raccomanda di evitare, per quanto possibile, consolidamenti con iniezioni cementizie e cuciture armate, in quanto è praticamente impossibile evitare rigurgiti di cemento fluido che comunque deturperebbero le parti a vista delle strutture.
Nel caso di murature in concrezioni rivestite di laterizio è da preferirsi la ricostituzione del rivestimento, ove mancante, con murature in mattoni di valore anche strutturale che si adatti per spessore e tessitura alle anfrattuosita delle lacune delle pareti in tutta la loro profondità. Per ulteriori dettagli relativi alla protezione dei manufatti a faccia vista si veda l'allegato B.
Nella formulazione di un programma di scavo devono esser previste le spese per un'adeguata copertura e la provvisoria conservazione in situ dei reperti scavati, nonché le spese per la pubblicazione dei rilievi eseguiti e di una speciale memoria sull'insieme dei reperti stessi. Poiché una copertura di fortuna e comunque transitoria ha unicamente lo scopo di impedire un rapido deterioramento dei reperti e del sito per effetto delle intemperie e delle infestazioni biologiche, qualora non sia possibile trasformare il sito in ambiente stabilmente protetto è preferibile, a pubblicazione avvenuta, procedere al riempimento degli scavi eseguiti.
Tale riempimento dovrà essere oculatamente realizzato con un sistema di drenaggio funzionale e con materiali sterili, inerti e leggeri (miscele di pozzolana e lapillo ecc.).
In ogni caso ogni progetto e la relativa attuazione dovranno esser studiati tenendo conto delle differenti esigenze climatiche dei vari ambienti, particolarmente differenziate in Italia.
settima parte
Istruzioni per l'esecuzione di interventi di conservazione e restauro su opere a carattere plastico, pittorico, grafico e d'arte applicata
Operazioni preliminari
La prima operazione da compiere, in ogni intervento su qualsiasi opera d'arte o cimelio storico, è un'accurata ricognizione dello stato di conservazione dell'oggetto di per sé e delle condizioni ambientali in cui è stato ed è custodito.
In tale ricognizione rientra l'accertamento e, per quanto possibile, la ricostruzione storica delle vicende del clima e del microclima in cui l'oggetto è stato ed è conservato. A tale riguardo è molto importante la documentazione storica dei dati forniti dagli strumenti sulle escursioni termiche, bariche, igrometriche e anche su quelle fototropiche dell'ambiente in cui è custodito, nonché su quelle inerenti l'intero edificio (a cominciare, dunque, dal relativo poligono dei venti). E ovviamente fondamentale la documentazione relativa alla composizione chimica dell'atmosfera per individuare la provenienza e la natura degli eventuali inquinanti. Hanno infine importanza i dati relativi alla composizione materica della scatola ambientale (strutture, rivestimenti, arredi ecc.).
Per quanto riguarda le condizioni di conservazione intrinseche all'oggetto è fondamentale l'accertamento dei modi dell'esecuzione tecnica e dei materiali adoperati, distinguendo le parti originarie da quelle spurie o aggiunte e determinandone approssimativamente le rispettive datazioni. Ove possibile dovrà essere compiuto anche l'esame delle condizioni interne dell'oggetto.
Tale accertamento, che in prima istanza si intende comunque autoptico, dovrà, nei limiti del possibile, essere corroborato da analisi ed esami a carattere fisico, chimico e numerico, scelti con assoluta priorità tra quelli non distruttivi. Analisi ed esami, da condurre in stretta collaborazione con gli esperti dei diversi settori, saranno registrati accuratamente nel giornale di restauro. La documentazione relativa sarà costituita da referti specifici. Questi ultimi non solo comprenderanno fotografie in bianco e nero e a colori nel visibile, eseguite sul totale e/o su opportuni dettagli, ma anche riprese a carattere multispettrale (singole bande del visibile, IR, UV, X). Si intende che in tutte le suddette riprese dovranno essere esattamente controllate e controllabili le fontidi illuminamento, i diottri, le condizioni spaziali, i materiali sensibili e di trasmissione e filtraggio dei contrasti e delle cromaticità.
Per tutti gli oggetti originariamente destinati a una visione limitata o solo frontale andranno eseguite riprese fotografiche anche dai punti di vista non previsti (retro, lati, parti interne ecc.) Quando è necessario accertare la presenza di strati originali di vernice o accertare lo stato della preparazione e non sia possibile adoperare metodi non distruttivi ci si deve limitare a praticare prelievi minimi evitando in ogni caso punti capitali dell'opera.
Essi dovranno essere limitati al massimo anche nel numero. Dei prelievi dovrà essere segnato il punto preciso in una delle copie fotografiche d'insieme e/o di dettaglio e dovrà esserne annotato il riferimento nel giornale di restauro. Per quanto riguarda i dipinti murali o su pietra, terracotta o altro supporto e che siano comunque in condizioni di inamovibilità, occorrerà assicurarsi delle condizioni del supporto in relazione all'umidità, definire se si tratti di umidità di infiltrazione oppure formatasi per condensazione o per capillarità; eseguire dei prelievi della malta e del conglomerato del muro e misurarne il grado di umidità. Qualora si notino o si suppongano attacchi di biodeteriogeni, anche su questi ultimi andranno esperite specifiche analisi.
Nel caso delle sculture non ci si dovrà limitare ad accertare solo lo stato di conservazione delle superfici materiali in cui sono eseguite, ma anche quello delle strutture, a mezzo di prove possibilmente non distruttive (radiografie, gammagrafie, ultrasuoni, correnti magnetiche indotte ecc.).
Previdenze da attuare nell'esecuzione degli interventi conservativi
Le indagini preliminari avranno dato modo di orientare l'intervento di restauro nella direzione giusta, sia che si tratti di pulitura semplice, oppure di fissaggio, di remozione di ridipinture, di trasporto, di ricomposizione di frammenti. Tuttavia l'indagine che sarebbe la più importante per la pittura, la determinazione della tecnica impiegata, non sempre potrà avere una risposta scientifica. In casi del genere la cautela e l'esperimento per le materie da usare nel restauro rimarranno metodologicamente le sole risorse a cui appellarsi. Nel caso di supporti lignei, come per qualsiasi altro tipo di supporto, in stato relativamente buono, è preferibile non intervenire in modo da non turbare un equilibrio ormai stabilizzato. Se si interviene per raddrizzarli o riconnetterli e/o integrarli, occorre farlo con precise regole tecnologiche che rispettino l'andamento delle fibre del legno e utilizzino la stessa specie botanica.
In particolare, qualora il supporto ligneo sia in buono stato, ma presenti fessurazioni, disgiunzioni di assi o mancanze, si procederà al necessario risanamento con legno allo stesso grado di umidità interna di quello originale, a piccoli segmenti, seguendo le metodologie di consolidata pratica. Quando lo spessore della tavola dipinta è troppo esiguo rispetto all'estensione della superficie, si può prevedere una parchettatura di sostegno che deve fondamentalmente assicurare i movimenti naturali del legno su cui viene applicata. I supporti lignei che avranno subito un attacco biologico (insetti, microrganismi ecc.) dovranno essere sottoposti a disinfestazione con gas specifici, noti per essere senza azione negativa sul materiale stesso e sulla pellicola pittorica. Essi eliminano gli organismi presenti, ma non prevengono attacchi futuri, quindi è utile, successivamente, applicare materiali più durevoli con caratteristiche appropriate. Nel solo caso in cui il legno è praticamente distrutto si può pensare a una trasportazione del dipinto su un nuovo supporto. Conservare, ove possibile, l'imprimitura originaria è sempre consigliabile per mantenere alla superficie pittorica la sua originaria conformazione. Nella sostituzione del supporto è bene valutare attentamente le proprietà del supporto nuovo assicurandosi soprattutto della sua stabilità, cioè che non sia soggetto ne a torsioni, ne a contrazioni o dilatazioni. Per una maggiore garanzia gli adesivi dovranno essere scelti con cognizione per non provocare danni durante l'operazione ne subire alterazioni nel tempo. Quando il supporto di un dipinto è una tela, è opportuno non decidere a priori che la ritelatura sia l'unica operazione da eseguire.
Nel caso in cui la tela non presenti lesioni ma solo un allentamento della tensione, sarà ufficiente, per ristabilirla, operare sui sistemi di tensionamento.
Se i bordi sono indeboliti possono essere rinforzati con strisce di tela che non sorpassino di molto il bordo del telaio sotto la pellicola pittorica. Quando invece si ritiene necessaria l'operazione di rintelatura, si devono evitare adesivi non rimovibili, compressioni eccessive e temperature elevate che potrebbero danneggiare la pellicola pittorica. Sono sempre da escludersi operazioni di applicazione di un dipinto su tela a un supporto rigido. I telai dovranno essere concepiti in modo da assicurare la tensione giusta che potrà essere molto semplicemente.
conservata attraverso i consueti modi, curando che rimanga sempre un sopravanzo adeguato della tela di rifodero per eventuali e successive sostituzioni del telaio o per operazioni di tensionamento. Per le preparazioni e le pellicole pittoriche occorre controllare attentamente il loro stato di adesione e coesione e procedere al consolidamento delle parti distaccate e indebolite. I materiali impiegati dovranno essere compatibili con le materie originali e le metodologie d'impiego potranno essere dirette o localmente o su tutta la superficie, avendo cura di asportare completamente da questa ogni sopravanzo di adesivo che potrebbe risultare dannoso a causa di possibili contrazioni.
Quando si debba procedere a una velatura totale del dipinto, l'adesivo deve essere rimovibile con solventi non dannosi alle tecniche originali. La pulitura potrà essere eseguita principalmente in due modi: per soluzioni o con mezzi meccanici. I mezzi meccanici (bisturi ecc.) dovranno essere usati sempre con prudenza e con il controllo dello stereomicroscopio. I mezzi solventi dovranno essere scelti, miscelati e calibrati in modo da ottenere il giusto punto di evaporazione affinchè non permangano negli strati del dipinto e che abbiano nei limiti del possibile una bassa tossicità. Prima di usarli sarà utile eseguire dei test di solubilità per definire il livello di pulitura e i tempi onde evitare d'intaccare la pelle d'invecchiamento naturale (patina), formata dall'indurimento in superficie del legante e dallo strato protettivo finale, che è indispensabile che continui a esplicare la sua funzione
Pur essendo di primaria importanza la conservazione della materia che forma l'opera, non si deve escludere la possibilità di restituire, ove possibile, una continuità di lettura all'immagine. La reintegrazione dovrà essere l'interpretazione critica della mancanza e arrestarsi quando diventa ipotesi. I mezzi impiegati dovranno essere reversibili e il sistema distinguibile a distanza ravvicinata dall'originale. Gli strati protettivi finali dovranno essere di un materiale affine alla pittura, sufficientemente resistente, ma facilmente reversibile nel tempo con mezzi non aggressivi verso la pellicola pittorica.
Previdenze da tenere presenti nell'esecuzione di interventi di conservazione e restauro a pitture murali e mosaici.
Come per i dipinti mobili anche per quelli murali, prima di iniziare qualsiasi intervento, sarà necessario determinare nel modo più preciso possibile la tecnica di esecuzione e i materiali usati. Contemporaneamente occorre rilevare gli aspetti del degrado e individuarne le cause. Prima di ogni operazione conservativa sui dipinti è necessario in primo luogo risanare l'ambiente ed eliminare ogni causa di aggressione. In caso di asportazione della polvere dalla superficie è opportuno non solo agire con cautela per non togliere assieme alla polvere parti di superficie cromatica divenuta eventualmente pulverulenta, ma anche per esaminare se nella polvere non siano presenti biodeteriogeni, sui quali intervenire con disinfestanti idonei. Le prime operazioni riguardano il ristabilimento della coesione e dell'adesione dei vari strati. I materiali da usare per tali operazioni dovranno essere scelti e vagliati da una serie di prove di laboratorio, comprensive di invecchiamento naturale di almeno quindici anni, che ne garantiscano l'asportabilità e l'inalterabilità nel tempo a livello strutturale e ottico. La pulitura, per mezzi e metodologie, può attenersi alla prassi seguita per i dipinti mobili salvo che per la rimozione delle incrostazioni saline poco solubili, per la quale si rimanda alla letteratura esistente.
I dipinti murali sono parte integrante dell'architettura, quindi la loro trasposizione sarà giustificata, anche se sempre traumatica, solamente nei casi di edifici o supporti che debbano essere distrutti o rimossa o di catastrofi (terremoti, incendi, alluvioni ecc). ed, eccezionalmente, palinsesti.
Quando si debba necessariamente orientarsi sulla rimozione del dipinto dalla parete, fra i metodi da scegliere, dovrà privilegiarsi il distacco allo scopo di mantenere alla superficie pittorica la sua conformazione originaria.
Qualora sia indispensabile ricorrere allo strappo dell'affresco, particolare attenzione dovrà essere rivolta alla possibilità di recupero della sinopia. In questo caso occorre che il supporto su cui ricollocare la pellicola pittorica offra le massime garanzie di stabilità, inerzia e neutralità chimica; occorrerà altresì che possa essere costruito nelle dimensioni stesse del dipinto, senza suture intermedie, che risalterebbero inevitabilmente col passare del tempo sulla superficie pittorica. Il collante su cui si fisserà la tela aderente alla pellicola pittorica sul nuovo supporto dovrà potersi sciogliere con tutta facilità con un solvente che non danneggi la pittura.
I supporti che oggi danno le migliori garanzie sono i cosiddetti rigidi, autoportanti, progetti con sistemi e materiali diversi, ma sempre con uno strato intermedio fra il dipinto (con le nuove prime stratificazioni) e il supporto rigido. Questo strato, chiamato «d'intervento», deve essere eseguito con materiali resistenti, leggeri, ma soprattutto facilmente rimovibili per soluzione o con mezzi meccanici, onde evitare di dover incollare protezioni sulla faccia del dipinto in caso di sostituzione. Per i mosaici, che presentano più o meno le stesse caratteristiche dei dipinti murali, quando fosse necessario procedere al loro distacco occorrerà assicurarsi che le tessere, ove non costituiscano una superficie completamente piana, siano fissate e possano essere riapplicate con la collocazione originaria. Prima dell'applicazione dei veli e dell'armatura di sostegno, ci si dovrà assicurare dello stato di conservazione delle tessere ed eventualmente consolidarle. Particolare cura dova essere posta nel conservare le caratteristiche tettoniche della superfìcie e, nel caso di mosaici pavimentali, evitare qualsiasi levigatura della superficie.
Previdenze da tenere presenti nell'esecuzione di interventi di conservazione e restauro a opere di scultura
Dopo aver accertato la materia ed eventualmente la tecnica con cui le sculture sono state eseguite (se in marmo, pietra, stucco, cartapesta, terracotta, terracotta invetriata, terra non cotta, terra non cotta e dipinta ecc.), ove non risultino parti dipinte e sia necessaria una pulitura, è da escludersi l'esecuzione di lavaggi tali che, anche se lasciano intatta la materia, ne intacchino la patina. Perciò, nel caso di sculture di scavo o trovate in acqua (mare, fiumi ecc.), se vi saranno incrostazioni, queste dovranno essere rimosse preferibilmente con mezzi meccanici. Qualora si tratti di sculture in legno, e questo sia in stato fatiscente, l'uso di fissativi dovrà essere subordinato alla conservazione dell'aspetto originario della materia lignea.
Se il legno sia infestato da tarli, termiti ecc. occorrerà sottoporlo all'azione di gas idonei. Nel caso di sculture ridotte in frammenti, l'uso di eventuali perni, sostegni ecc., dovrà essere subordinato alla scelta di metallo non ossidabile. Per gli oggetti in bronzo si raccomanda una particolare cura per la conservazione della patina nobile (atacamite, malachite ecc.), sempre che al di sotto di essa non esistano gradi di corrosione in atto.
Avvertenze generali per la ricollocazione di opere restaurate
Se l'intervento è stato occasionato dalle condizioni termoigrometriche del luogo in generale o della parete in particolare, si dovranno studiare tutte le possibilità di risanamento ambientale, climatizzazione ecc., al fine di riportare l'opera nella collocazione originaria, condizione essenziale per la sua integrità storico-estetica. Tuttavia, come linea di condotta assoluta, non si dovrà comunque mai rimettere l'opera restaurata nel luogo originario se questo non sia stato adeguatamente risanato.
Allegato E
La conservazione e il restauro del libro
Prima di procedere a qualsiasi operazione di restauro si dovrà considerare l'opera nella sua complessità e multiformità storica, artistica, materiale e funzionale.
Nel caso dei Beni Librar! parlare di «multiformità» è più che mai appropriato trattandosi di oggetti composti da vari materiali: carta, pergamena, papiro o altro supporto scrittorio, legno, metalli, cuoio, cartone, spago, pelle allumata, tessuti e altro.
La conoscenza di ogni materiale originale è indispensabile per procedere correttamente nel lavoro, così come lo è lo studio dei materiali «nuovi» da inserire nei libri da restaurare. La scelta degli interventi sarà condizionata dalle indagini compiute dai vari esperti a partire dal bibliotecario conservatore (storia del libro, della decorazione, importanza dell'opera e altro) al biologo, al tecnologo, al fisico, al restauratore. Nelle biblioteche sarà opportuno anzitutto eseguire periodici accertamenti sullo stato di conservazione dei fondi, effettuando nei locali sistematici e prolungati rilevamenti dei valori termoigrometrici ambientali, al fine di accertare se si mantengono bell'arco dell'anno entro i limiti (T16 - 20 gradi cenrigradi; UR40 - 65) considerati ottimali per la conservazione dei libri.
Quando se ne presenterà la necessità si procederà a una programmazione dei lavori sia di eventuale bonifica degli ambienti, sia di interventi conservativi e di restauro sui singoli libri, che tengano presenti le esigenze sia delle opere che dell'utenza. In tale programmazione si prevederanno dei mezzi alternativi (nucrofilms, microfìches, eventuali videodischi) per una fruizione anche diversa. Le operazioni di restauro devono essere precedute dalla disinfezione e/o disinfestazione del volume quando questo presenti alterazioni di origine biologica.
Nella scheda di restauro saranno registrate le particolarità di ogni libro e verranno descritti dettagliatamente i danni che esso presenta, nonché gli eventuali interventi precedenti. Saranno altresì riportate tutte le operazioni effettuate per rendere possibile in futuro, attraverso i risultati ottenuti, un perfezionamento dei metodi adottati.
Quando si ritiene di dover intervenire sull'opera si potrà ancora scegliere fra un intervento totale o parziale. Si cercherà sempre di intervenire con il «piccolo restauro», cioè un restauro a libro non scucito, qualora le opere siano particolarmente importanti per la struttura, la vetustà, per il valore artistico, perché l'indice di consultazione è talmente basso che non è necessario operare in modo radicale, o per al tre ragioni da valutare caso per caso.
L intervento sarà, cosi, ridotto al minimo e il libro non subirà alcuna alterazione a causa dello smontaggio completo, mantenendo intatte le sue caratteristiche originali. Nei casi in cui si ritiene realmente indispensabile la scucitura del libro si dovrà procedere con la massima cautela, per evitare di perdere anche la più piccola testimonianza.
Prima di scucire un volume va sempre controllata la numerazione originale, per evitare errori durante la ricomposizione dei fascicoli. Qualsiasi anomalia va segnalata al bibliotecario responsabile. Non si procede mai con lo stesso criterio per ogni libro da restaurare, perché l'opera ha una sua vita che va considerata relativamente al contenuto, alla storia, alla materia, all'uso. Perciò non potremo mai dare una regola unica su quando conservare o mettere da parte la legatura, o quando privilegiare il testo rispetto alla struttura ecc.
La casistica è enorme. Come principio generale si può affermare che vanno evitate tutte le operazioni che possono alterare l'aspetto e il valore globale dell'opera. Perciò si deve tendere a conservare il più possibile ogni elemento, anche apparentemente insignificante, che la costituisce. Ma il libro, essendo anche un oggetto da toccare, aprire, manipolare, dovrà essere funzionale nei modi richiesti dalla sua utilizzazione. Cosi si decide talvolta di non rimontare la legatura originale perché non più in grado di assolvere all'uso che se ne vuole fare.
Il più delle volte non si giunge alla totale sostituzione della coperta, ma si intarsia la legatura originale sulla nuova, che reggerà tutto lo sforzo meccanico. Nel campo della cucitura si procederà con il principio del «dov'era, com'era», salvo casi particolari dettati sempre dal criterio della funzionalità. Per le carte si prevede che vengano effettuati sempre i saggi di solubilità degli inchiostri e dei colori prima di procedere a qualsiasi operazione «a umido» (lavaggi, deacidifìcazione in acqua e alcool preceduta dalla misurazione del pH, uso di solventi, fissaggi). Tali operazioni, effettuate solo se strettamente necessario, saranno controllate da vicino. Tutte le precauzioni che in fase di lavaggio mirino a non perdere nessun frammento, quali l'uso del telaio o del retino, sono senz'altro consigliate.
Dopo i lavaggi si procede alla rincollatura dei fogli. Se le carte necessitano di una velatura sia parziale che totale, si prevede che essa venga effettuata con un velo di carta giapponese trasparente ma resistente, con un pennello morbidissimo e con adesivo reversibile. Un momento importante è rappresentato dalla pressatura dei fogli, necessaria per ridare l'aspetto originale alle superfici. Ma si deve evitare di pressare con troppa energia limitandosi a usare pesetti di marmo e, quando ciò non fosse sufficiente, adoperare la «pressa a colpo» con la quale si può controllare la forza. Questo perché vanno salvaguardati tutti i rilievi o gli incavi che possiamo trovare nei fogli. Il rattoppo vero e proprio sarà effettuato con materiali che, dalle indagini scientifiche, risultino idonei. Ovviamente esso dovrà essere riconoscibile. Non si restaureranno quelle asportazioni volontarie di miniature, disegni o altro, perché ormai fanno parte della storia del libro, ma si risarciranno solo quei punti sui quali si esercita il maggior sforzo meccanico. Va inoltre valutata la possibilità di ricorrere a scatole, custodie o simili, per la migliore conservazione dei libri. Per la pergamena i principi di restauro sono i medesimi della carta, tranne che per i lavaggi, per i quali si userà, solo se strettamente necessario, una miscela di acqua e alcool etilico; la pressatura, che sarà solo una «distensione», si effettuerà o con dei pesetti o con dei piccoli tiranti. Si sottolinea ancora una volta in queste regole generali che il libro è da considerarsi opera d'arte nel senso più ampio del termine, sia come valore culturale intrinseco del testo, sia come valore materiale (sistemi di lavorazione, introduzione di certi accorgimenti o elementi, uso di materiali particolari, influenza di altri centri scrittorii ecc.), sia come valore prettamente artistico (miniature, incisioni, filigrane). Per questi motivi ogni caso dovrà essere trattato come un caso a sé. Al problema della conservazione del libro moderno deve essere riservata qualche considerazione particolare. I criteri di base saranno gli stessi di quelli del libro antico, ma poiché le carte fabbricate dal XIX secolo in poi sono di qualità peggiore di quelle precedenti, ne consegue la loro maggiore deperibilità. Le materie prime antiche erano più pure e presentavano spesso una protezione naturale all'acidità per la presenza di sostanze alcaline (carbonati) nell'impasto delle carte. Successivamente, con l'introduzione dell'allume, composto acido, con la cattiva utilizzazione della macchina «olandese», che diede origine a una carta più fragile e più difficile da collare, con l'utilizzo nell'Ottocento della pasta di legno contenente la lignina, si è giunti a una caduta verticale della qualità della carta, che infatti risulta fragile, rigida e molto soggetta all'imbrunimento. Da aggiungere anche l'azione del doro per sbiancare gli stracci e, dalla fine del Settecento, la collatura dei fogli effettuata con la colofonia e l'allume, tutte sostanze che causano acidità. Ci si trova pertanto in presenza di problemi sempre più difficili da risolvere anche perché si conoscono poco le composizioni delle carte contemporanee. In proposito occorrono ancora ricerche e studi adeguati e attenti. L'ultima raccomandazione è per i bibliotecari conservatori, che devono sempre valutare attentamente l'urgenza e l'utilità di restauro, da considerare come extrema ratio preceduta da un serio lavoro di prevenzione e manutenzione.
Allegato F
La conservazione e il restauro dei Beni archivistici
II restauro dei documenti d'archivio deve essere eseguito solo quando sia gravemente compromessa la struttura fisica dei supporti con pregiudizio della testimonianza storica e non prima di avere accertato le cause del degrado. Inoltre, a causa del particolare significato e valore storico, politico e giuridico dei documenti d'archivio raccolti dall'Ente di stato, è evidente che ogni operazione di manipolazione del documento a fini di conservazione o di restauro deve essere compiuta offrendo ogni garanzia sull'integrità delle informazioni contenute nel documento stesso. Perciò ogni intervento di restauro dei documenti d'archivio deve essere motivato per iscritto dai direttori degli Archivi di Stato o dai Soprintendenti archivistici nell'ambito delle rispettive competenze istituzionali, prima di essere autorizzati dal Centro di Fotoriproduzione, Legatoria e Restauro degli Archivi di Stato (CFR), oppure ad esso affidati per gli interventi richiesti. La proposta deve contenere, altresì, un'analitica descrizione del degrado e delle sue cause, corredata da una documentazione fotografica. Le proposte di interventi di restauro di particolare rilievo, per specifiche caratteristiche dei supporti, delle mediazioni grafiche, delle legature, dei formati, o per la necessità di ricognizioni fisiche, chimiche e/o biologiche, devono essere vagliate e approvate dal CFR. L'intervento di restauro deve essere preventivamente e dettagliatamente descritto in un'apposita scheda con particolare riferimento alle singole operazioni da effettuare, alle metodologie da seguire, alle attrezzature da utilizzare, ai prodotti e ai materiali da usare. L'intervento di restauro deve salvaguardare l'originalità del documento nel rispetto della forma, della struttura, del supporto o di ogni altro elemento originale.
L'intervento di restauro deve essere reversibile. Le reintegrazioni di parti mancanti devono essere evidenti a occhio nudo. In nessun caso è consentita la reintegrazione delle mediazioni grafiche delete.
Sono consentiti interventi, oltre lo stretto necessario, solo se dettati da motivate esigenze di futura conservazione.
Devono essere rimossi tutti gli elementi aggiunti che, nel corso del tempo, hanno abusivamente alterato l'originalità del documento. È consentito il ricorso ad apparecchiature che permettono il restauro meccanico dei documenti cartacei solo dopo un'attenta valutazione dello stato di conservazione del supporto e della stabilità delle mediazioni grafiche.
L'intervento di restauro nelle sue diverse operazioni deve essere dettagliatamente documentato con la descrizione delle singole operazioni effettuate, delle metodologie seguite, delle attrezzature utilizzate, dei prodotti e materiali usati con l'indicazione delle concentrazioni e del tipo.
Gli interventi di restauro devono essere eseguiti da personale qualificato presso laboratori attrezzati. I prodotti e i materiali da usare (adesivi, colla, fissativi, solventi, soluzioni, carte, pelli ecc.) devono rispondere ai requisiti di durabilità, stabilità, reversibilità e, comunque, devono essere sperimentati e approvati dal CFR.
Il CFR esercita, in materia, compiti di indirizzo e vigilanza mediante sopralluoghi in corso d'opera e finali per verificare l'idoneità e la conformità dell'intervento alle normative tecniche.
Successivamente al restauro le condizioni di conservazione, dettate dal CFR, devono essere scrupolosamente rispettate mediante ripetuti controlli sull'ambiente e sulla salute dei documenti.
CONFERENZA DI NARA SULL'AUTENTICITA' IN RELAZIONE
ALLA CONVENZIONE SUL PATRIMONIO MONDIALE
Il Documento di Nara sull'Autenticità
Conferenza internazionale
Nara (Giappone), 1-6 novembre 1994
Ecco il testo del Documento sull'Autenticità sottoscritto dai 45 partecipanti alla Conferenza internazionale, che si è tenuta a Nara dal 1 al 6 novembre 1994 su invito dell'Agenzia governativa giapponese per gli Affari Culturali e della Prefettura di Nara, in collaborazione con UNESCO, ICCROM e ICOMOS:
PREAMBOLO
1. Noi, esperti riuniti a Nara (Giappone), riteniamo doveroso rilevare la generosità e la lungimiranza delle autorità giapponesi che ci hanno offerto l'opportunità di un incontro destinato a mettere in discussione nozioni divenute tradizionali in materia di conservazione del patrimonio culturale ed a instaurare un dibattito sulle vie ed i mezzi necessari ad allargare gli orizzonti al fine di garantire un più grande rispetto della diversità delle culture e dei patrimoni nella pratica della conservazione.
2. Noi abbiamo apprezzato nel suo giusto valore l'ambito della discussione così come proposto dal Comitato del Patrimonio Mondiale, che si è dichiarato desideroso di attenersi, al momento dell'esame dei dossiers d'iscrizione ad esso sottoposti, ad un concetto d'autenticità rispettoso dei valori culturali e sociali di tutti i Paesi.
3. Il "Documento di Nara sull'autenticità" è concepito nello spirito della "Carta di Venezia, 1964". Fondato com'è su questa Carta ne costituisce un prolungamento concettuale. Esso prende atto del ruolo essenziale che il patrimonio culturale gioca oggi in quasi tutte le società.
4. In un mondo in preda alle forze della globalizzazione e della banalizzazione, in cui la rivendicazione dell'identità culturale si esprime talora attraverso un nazionalismo aggressivo e l'eliminazione delle culture minoritarie, il principale contributo della presa in conto dell'autenticità consiste, anche nella conservazione del patrimonio culturale, nel rispettare e mettere in luce tutte le sfaccettature della memoria collettiva dell'umanità.
DIVERSITA' CULTURALE E DIVERSITA' DEL PATRIMONIO
5. La diversità delle culture e del patrimonio culturale costituisce una ricchezza intellettuale e spirituale insostituibile per tutta l'umanità. Essa deve essere riconosciuta come un aspetto essenziale del suo sviluppo. Non solo la sua protezione, ma anche la sua promozione, si confermano come fattori fondamentali per lo sviluppo dell'umanità.
6. Questa diversità si esprime tanto nella dimensione spaziale che temporale, tanto per le culture che per i modi di vita che ad esse sono legati. Nel caso in cui le differenze tra culture potrebbero originare situazioni di conflitto, il rispetto della diversità culturale postula il riconoscimento della legittimità specifici di tutte le parti in causa.
7. Le culture e le società si esprimono in forme e modalità di espressione, sia materiali che immateriali, che costituiscono il loro patrimonio. Queste forme e modalità devono essere rispettate.
8. Sarà opportuno ricordare che l'UNESCO considera come principio fondamentale il fatto che il patrimonio culturale di ciascuno costituisce il patrimonio culturale di tutti. In tal modo, le responsabilità sul patrimonio e sulla maniera di gestirlo appartengono prioritariamente alla comunità culturale che l'ha generato o a quella che ne ha la responsabilità. Tuttavia l'adesione alle carte e alle convenzioni relative al patrimonio culturale implica l'accettazione degli obblighi e dell'etica che stanno alla base di quelle carte e di di quelle convenzioni. Di conseguenza la ponderazione delle proprie esigenze nei riguardi di uno stesso patrimonio è profondamente auspicabile, senza che tuttavia essa contraddica ai valori fondamentali delle culture di quelle comunità.
VALORE E AUTENTICITA'
9. La conservazione del patrimonio storico, in tutte le sue forme ed a qualsiasi epoca appartenga, trova la sua giustificazione nel valore che viene attribuito a quel patrimonio. La percezione più esatta possibile di quei valori dipende, tra l'altro, dalla attendibilità delle fonti d'informazione al riguardo. La loro conoscenza, comprensione e interpretazione in rapporto alle caratteristiche originali e acquisite del patrimonio, al suo divenire storico come al suo significato, fondano il giudizio di autenticità concernente l'opera in causa con riguardo sia alla forma che alla materia dei beni interessati.
10. L'autenticità, quale considerata ed affermata nella "Carta di Venezia", appariva come il fattore qualitativo essenziale rispetto alla attendibilità delle fonti d'informazione disponibili. Il suo ruolo rimane capitale sia negli studi scientifici ed interventi di conservazione e restauro che nella procedura di iscrizione nella Lista del Patrimonio Mondiale o in qualsiasi altro inventario del patrimonio culturale.
11. Sia i giudizi sui valori riconosciuti al patrimonio che quelli sui fattori di attendibilità delle fonti d'informazione possono differire da cultura a cultura e perfino all'interno di una medesima cultura. E' da escludere, di conseguenza, che i giudizi di valore e di autenticità inerenti ad esse possano fondarsi su criteri uniformi. Al contrario, il rispetto dovuto a tali culture esige che ogni opera sia considerata e giudicata in rapporto ai criteri che caratterizzano il contesto culturale al quale esse appartengono.
12. Per conseguenza è della massima importanza e urgenza che, in ogni cultura, siano riconosciuti i caratteri specifici riferentesi ai valori del suo patrimonio, così come alla attendibilità ed alla affidabilità delle fonti di informazione che lo concernono.
13. Il giudizio sull'autenticità, dipendendo dalla natura del monumento o del sito e dal suo contesto culturale, è legato ad una moltiplicità di fonti di informazione. Esse comprendono concezione e forma, materiali e sostanza, uso e funzione, tradizione e tecniche, situazione e ubicazione, spirito ed espressione, stato originario e divenire storico e possono essere sia interne che esterne all'opera. L'utilizzazione di queste fonti offre la possibilità di descrivere il patrimonio culturale nelle sue dimensioni specifiche sul piano artistico, tecnico, storico e sociale.
Allegato I
Suggerimenti per il seguito da dare al Documento (proposti da H. Stovel)
1. Il rispetto della diversità delle culture e dei patrimoni esige uno sforzo deciso per evitare di imporre formule meccaniche o procedure uniformate quando si tenta di definire e di valutare l'autenticità di un monumento o di un sito.
2. L'apprezzamento dell'autenticità nel rispetto delle culture e della diversità del patrimonio richiede un approccio che incoraggi le culture a dotarsi di metodi di analisi e di strumenti che riflettano la loro natura e i loro bisogni. Approcci simili possono avere parecchi punti in comune da cui gli sforzi necessari per: a. Assicurarsi che la valutazione dell'autenticità impegni una collaborazione multidisciplinare ed il contributo adeguato di tutte le perizie e le conoscenze disponibili; b. Assicurarsi che i valori riconosciuti siano veramente rappresentativi di una cultura e della diversità delle sue preoccupazioni, soprattutto verso i monumenti e i siti; c. Documentare chiaramente la natura specifica dell'autenticità dei monumenti e dei siti per costituire una guida che serva al loro trattamento ed al controllo; d. Attualizzare le valutazioni del grado d'autenticità alla luce dell'evoluzione dei valori e del contesto.
3. E' particolarmente importante fare ogni sforzo per assicurarsi che siano rispettati i valori riconosciuti e che il processo della loro identificazione comprenda azioni per sviluppare, nella misura del possibile, un consenso multidisciplinare e comunitario (?) nei loro riguardi.
4. Gli interventi dovrebberofondarsi sulla cooperazione internazionale fra tutti coloro che si interessano alla conservazione del patrimonio culturale e contribuire a questa cooperazione allo scopo di accrescere il rispetto universale e la comprensione della diversità dei valori e delle espressioni culturali.
5. La continuazione di questo dialogo e la sua estensione nelle differenti regioni e culture del mondo costituisce un prerequisito per aumentare il valore pratico dell'attenzione rivolta all'autenticità nella conservazione del patrimonio comune dell'umanità.
6. L'accresciuta sensibilizzazione del pubblico a questa dimensione del patrimonio è assolutamente necessaria per giungere a misure concrete che consentano di salvaguardare le testimonianze del passato. Ciò significa che viene sviluppata una più grande comprensione dei valori che rappresentano, in sé, i beni culturali e che viene rispettato il ruolo svolto da monumenti e siti nella società contemporanea.
Allegato II
Definizioni
Conservazione: comprende tutte le operazioni che tendono a capire un'opera, a conoscere la sua storia ed il suo significato, ad assicurare la sua salvaguardia materiale e, eventualmente, il suo restauro e la sua valorizzazione. (Il patrimonio culturale comprende i monumenti, i complessi edilizi e i siti secondo la definizione dell'art. 1 della Convenzione del Patrimonio Mondiale).
Fonti d'informazione: insiemi di fonti monumentali, scritte, orali, figurate che consentono di conoscere la natura, le specificità, il significato e la storia di un'opera.
La Carta di Cracovia (2000)
Ringraziando le persone e le istituzioni che, durante tre anni, hanno partecipato alla preparazione della Conferenza Internazionale sulla Conservazione “Cracovia 2000” e della sua sessione plenaria finale “Cultural Heritage as the Foundation and the Development of Civilisation”, noi, partecipanti alla Conferenza Internazionale sulla Conservazione “Cracovia 2000”, consapevoli dei profondi significati connessi al patrimonio culturale, sottoponiamo i seguenti principi ai responsabili del patrimonio, affinché possano essere di guida nell’impegno verso la sua tutela.
PREAMBOLO
Agendo nello spirito della Carta di Venezia, tenendo presenti le raccomandazioni internazionali e sollecitati dalle sfide derivanti dal processo di unificazione europea alle soglie del nuovo millennio, siamo consapevoli di vivere in un periodo in cui le identità, pur in un contesto generale sempre più allargato, si caratterizzano e diventano sempre più distinte. L’Europa del momento è caratterizzata dalla diversità culturale e quindi dalla pluralità dei valori fondamentali in relazione al patrimonio mobile, immobile ed intellettuale, dai diversi significati ad esso associati e conseguentemente anche da conflitti di interesse. Questo impone a tutti i responsabili della salvaguardia del patrimonio culturale il compito di essere sempre più sensibili ai problemi ed alle scelte che essi devono affrontare nel perseguire i propri obiettivi. Ciascuna comunità, attraverso la propria memoria collettiva e la consapevolezza del proprio passato, è responsabile dell’identificazione e della gestione del proprio patrimonio. Questo non si può definire in modo fisso. Può essere definito solo il modo in cui il patrimonio può essere individuato. La pluralità nella società comporta anche una grande diversità del concetto di patrimonio come concepito dall’intera comunità. I monumenti, come singoli elementi del patrimonio, sono portatori di valori che possono cambiare nel tempo. Questa variabilità dei valori individuabili nei movimenti costituisce, “di volta in volta”, la specificità del patrimonio nei vari momenti della nostra storia. Attraverso questo processo di cambiamento, ogni comunità sviluppa la consapevolezza e la conoscenza della necessità di tutelare i singoli elementi del costruito come portatori dei valori del proprio patrimonio comune. Gli strumenti ed i metodi sviluppati per giungere ad una corretta salvaguardia devono essere adeguati alle diverse situazioni, soggette ad un continuo processo di cambiamento.
Il particolare contesto di selezione di questi valori necessita della predisposizione di un piano di conservazione e di una serie di decisioni. Queste devono essere codificate in un progetto di restauro redatto in base ad appropriati criteri tecnici e strutturali. Consci del profondo valore della Carta di Venezia, e perseguendo gli stessi obiettivi, proponiamo i seguenti principi per la conservazione e restauro nel nostro tempo del patrimonio costruito.
SCOPI E METODI
1.Il patrimonio architettonico, urbano e paesaggistico, così come i singoli manufatti di questo, è il risultato di una identificazione associata ai diversi momenti storici ed ai vari contesti socio-culturali. La conservazione di questo patrimonio è il nostro scopo.
La conservazione può essere attuata attraverso differenti modalità di intervento come il controllo ambientale, la manutenzione, la riparazione, il restauro, il rinnovamento e la ristrutturazione.
Ogni intervento implica decisioni, selezioni e responsabilità in relazione al patrimonio nella sua totalità, anche per quelle parti che attualmente non hanno un particolare significato, ma che potrebbero assumerne uno in futuro.
2. La manutenzione e riparazione sono una parte fondamentale del processo di conservazione del patrimonio. Queste operazioni devono essere organizzate tramite la ricerca sistematica, le ispezioni, il controllo, il monitoraggio e le prove. Il possibile degrado deve essere previsto e descritto nonché sottoposto ad appropriate misure di prevenzione.
3.La conservazione del patrimonio costruito si attua attraverso il progetto di restauro, che comprende le strategie nella sua conservazione nel tempo. Questo progetto di restauro deve essere basato su una serie di appropriate scelte tecniche e preparato all’interno di un processo conoscitivo che implichi la raccolta di informazioni e l’approfondita conoscenza dell’edificio o del sito. Questo processo comprende le indagini strutturali, le analisi grafiche e dimensionali e la identificazione del significato storico, artistico e socio-culturale; il progetto necessita del coinvolgimento di tutte le discipline pertinenti, ed è coordinato da una persona qualificata ed esperta nel campo della conservazione e restauro.
4. La ricostruzione di intere parti “in stile” deve essere evitata. La ricostruzione di parti limitate aventi un’importanza architettonica possono essere accettate a condizione che siano basate su una precisa ed indiscutibile documentazione... Se necessario per un corretto utilizzo dell’edificio, il completamento di parti più estese con rilevanza spaziale o funzionale dovrà essere realizzato con un linguaggio conforme all’architettura contemporanea. La ricostruzione di un intero edificio, distrutto per cause belliche o naturali, è ammissibile solo in presenza di eccezionali motivazioni di ordine sociale o culturale, attinenti l’identità di un’intera collettività.
DIFFERENTI TIPI DI PATRIMONIO COSTRUITO
5. A causa della particolare vulnerabilità del patrimonio archeologico, ogni intervento riguardante lo stesso deve essere strettamente relazionato al suo contesto, al territorio ed al paesaggio. La caratteristica distruttiva degli scavi deve essere limitata il più possibile. I manufatti archeologici devono essere compiutamente documentati ad ogni scavo.
Come per gli altri casi, l’intervento di conservazione di ritrovamenti archeologici deve seguire il principio del minimo intervento, e deve essere eseguito da specialisti con tecniche e metodologie strettamente controllate.
6. L’obiettivo della conservazione dei monumenti e degli edifici storici, in un contesto urbano o rurale, è il mantenimento della loro autenticità ed integrità anche nei loro spazi interni, negli arredamenti o nelle decorazioni, nelle finiture ed in ogni connotazione architettonica e documentale. Tale conservazione richiede un appropriato “progetto di restauro”che definisce i metodi e gli obiettivi; in molti casi, questo presuppone un uso appropriato compatibile con gli spazi ed i significati architettonici esistenti. Gli interventi sugli edifici devono prestare particolare attenzione a tutti i periodi del passato testimoniati in essi.
7. Le decorazioni architettoniche, le sculture ed i manufatti artistici strettamente connessi con il patrimonio costruito devono essere conservati attraverso uno specifico progetto connesso con quello generale. Questo presuppone che il restauratore possieda la competenza e la formazione appropriata oltre alla capacità culturale, tecnica ed operativa, che gli permetta l’interpretazione dei risultati delle indagini relative agli specifici campi artistici. Il progetto di restauro deve garantire un corretto approccio alla conservazione dell’intero assetto, delle decorazioni e delle sculture, nel rispetto delle tecniche artigianali tradizionali e della loro necessaria integrazione come parte sostanziale del patrimonio costruito.
8. La città ed i villaggi storici, nel loro contesto territoriale, rappresentano una parte essenziale del nostro patrimonio universale, e devono essere visti nell’insieme di strutture, spazi ed attività umane, normalmente in un processo di continua evoluzione e cambiamento. Questo coinvolge tutti i settori della popolazione e richiede un processo di pianificazione integrata all’interno del quale si colloca una grande varietà di interventi.
La conservazione nel contesto urbano ha per oggetto insiemi di edifici e spazi scoperti che costituiscono parti di aree urbane più vaste, o di interi piccoli nuclei insediativi urbani o rurali, comprensivi dei valori intangibili. In questo contesto, l’intervento consiste nel riferirsi sempre alla città nel suo insieme morfologico, funzionale e strutturale, come parte del suo territorio, del suo contesto e del paesaggio circostante. Gli edifici nelle aree storiche possono anche avere un elevato valore architettonico in se stessi, ma devono essere salvaguardati per la loro unità organica, per le loro connotazioni dimensionali, costruttive, spaziali, decorative e cromatiche che li caratterizzano come parti connettive, insostituibili nell’unità organica costituita dalla città.
Il progetto di restauro delle città e dei villaggi storici deve prevedere la gestione delle trasformazioni e una verifica di sostenibilità delle scelte, considerando gli aspetti patrimoniali insieme con gli aspetti sociali ed economici. In tal senso risulta ad esso preliminare lo studio dei corretti metodi per la conoscenza delle forze di cambiamento e degli strumenti di gestione del processo oltre che la conoscenza dei manufatti. Il progetto di restauro delle aree storiche assume gli edifici del tessuto connettivo nella loro duplice funzione: a) di elementi che definiscono gli spazi della città nell’insieme della loro forma, e b) di sistemi distributivi di spazi interni strettamente consustanziali all’edificio stesso.
9. Il paesaggio inteso come patrimonio culturale risulta dalla prolungata interazione nelle diverse società tra l’uomo, la natura e l’ambiente fisico. Esso testimonia del rapporto evolutivo della società e degli individui con il loro ambiente. La sua conservazione, preservazione e sviluppo fa riferimento alle caratteristiche umane e naturali, integrando valori mentali ed intangibili. È importante comprendere e rispettare le caratteristiche del paesaggio ed applicare leggi e norme appropriate per armonizzare le funzioni territoriali attinenti con i valori essenziali. In molte società il paesaggio è storicamente correlato ai territori urbani.
L’integrazione tra la conservazione del paesaggio culturale, lo sviluppo sostenibile nelle regioni e località contraddistinte da attività agricole e le caratteristiche naturali, richiede la comprensione e la consapevolezza delle relazioni nel tempo. Ciò comporta la formazione di legami con l’ambiente costruito delle metropoli e delle città.
La conservazione integrata del paesaggio archeologico e fossile e lo sviluppo di un paesaggio molto dinamico, coinvolge valori sociali, culturali ed estetici.
10. Il ruolo delle tecniche nell’ambito della conservazione e del restauro è strettamente legato alla ricerca scientifica interdisciplinare sugli specifici materiali e sulle specifiche tecnologie utilizzate nella costruzione, riparazione e restauro del patrimonio costruito. L’intervento scelto deve rispettare la funzione originale ed assicurare la compatibilità con i materiali, le strutture ed i valori architettonici esistenti. I nuovi materiali e le nuove tecnologie devono essere rigorosamente sperimentati, comparati e adeguati alle reali necessità conservative. Quando l’applicazione in situ di nuove tecniche assume particolare rilevanza per la conservazione della fabbrica originale, è necessario prevedere un continuo monitoraggio dei risultati ottenuti, prendendo in considerazione il loro comportamento nel tempo e la possibilità della eventuale reversibilità.
Dovrà essere stimolata la conoscenza dei materiali e delle tecniche tradizionali e per la loro conservazione nel contesto della moderna società, essendo di per se stesse una componente importante del patrimonio.
GESTIONE
11.La gestione del processo di cambiamento, trasformazione e sviluppo delle città storiche, così come del patrimonio culturale in generale, consiste nel costante controllo delle dinamiche del cambiamento stesso, delle scelte appropriate e dei risultati. Deve essere inoltre data particolare attenzione all’ottimizzazione dei costi di esercizio. Come parte essenziale del processo di conservazione, vanno identificati i rischi ai quali il patrimonio può essere soggetto anche in casi eccezionali, e devono essere previsti gli opportuni sistemi di prevenzione e i piani di intervento e di emergenza. Il turismo culturale, oltre che per il suo positivo influsso sull’economia locale, deve essere considerato come un fattore di rischio.
La conservazione del patrimonio culturale deve essere parte integrante della pianificazione e del processo di gestione di una comunità, e deve quindi contribuire allo sviluppo sostenibile, qualitativo, economico e sociale della comunità.
12. La pluralità di valori del patrimonio e la diversità degli interessi, necessita di una struttura di comunicazione che assicuri la reale partecipazione degli abitanti a tale processo oltre a quella degli specialisti e degli amministratori. È responsabilità della comunità lo stabilire appropriati metodi e strutture per assicurare la reale partecipazione degli individui e delle istituzioni a tale processo decisionale.
FORMAZIONE E EDUCAZIONE
13. La formazione e l’educazione nella conservazione del patrimonio costruito necessita di un processo di coinvolgimento sociale e deve essere integrata nei sistemi nazionali di educazione a tutti i livelli. La complessità del progetto di restauro o di ogni altro intervento di conservazione che coinvolge aspetti storici, tecnici, culturali ed economici, presuppone la nomina di un responsabile di adeguata formazione.
La formazione dei conservatori deve essere di tipo interdisciplinare e prevedere accurati studi di storia dell’architettura, di teoria e tecniche di conservazione. Essa deve assicurare l’appropriata preparazione necessaria a risolvere problemi di ricerca necessari per realizzare gli interventi di conservazione e restauro in modo professionale e responsabile.
I professionisti e tecnici nelle discipline della conservazione devono conoscere le metodologie adeguate, le tecniche opportune oltre che acquisire il dibattito corrente sulle teorie e sulle politiche conservative.
La qualità della manodopera specializzata tecnicamente ed artisticamente per la realizzazione del progetto di restauro deve anche essere accresciuta attraverso una migliore preparazione degli operatori nel campo dei mestieri professionali.
MISURE LEGALI
14. La protezione e la conservazione del patrimonio costruito può essere meglio realizzata se vengono prese opportune misure legali ed amministrative. Ciò può essere raggiunto assicurando che il lavoro di conservazione sia affidato, o posto sotto la supervisione, di professionisti della conservazione. Le norme legali possono anche prevedere periodi di esperienza pratica all’interno di programmi strutturali. Particolare considerazione deve essere data ai conservatori neo-formati che stiano per ottenere il permesso per lo svolgimento della libera professione, anche attraverso la supervisione di un libero professionista della conservazione.
ALLEGATI-DEFINIZIONI
Il comitato redazione della “Carta di Cracovia” ha usato i seguenti concetti fondamentali nel modo come qui sotto espresso.
a. Patrimonio: Il patrimonio culturale è quel complesso di opere dell’uomo nelle quali una comunità riconosce i suoi particolari e specifici valori e nei quali si identifica. L’identificazione e la definizione delle opere come patrimonio è quindi un processo di scelta di valori.
b. Monumento: Il monumento è una singola opera del patrimonio culturale riconosciuto come un portatore di valori e costituente un supporto della memoria. Questa riconosce in esso i rilevanti aspetti attinenti il fare ed il pensare dell’uomo, rintracciabili nel corso della storia ed ancora acquisibili a noi.
c. Per Autenticità di un monumento si intende la somma dei suoi caratteri sostanziali, storicamente accertati, dall’impianto originario fino alla situazione attuale, come esito delle varie trasformazioni succedutesi nel corso del tempo.
d. Per Identità si intende il comune riferimento di valori presenti, generati nel contesto di una comunità e di valori passati reperiti nell’autenticità del monumento.
e. Conservazione: La conservazione è l’insieme delle attitudini della collettività volte a far durare nel tempo il patrimonio ed i suoi monumenti. Essa si esplica in relazione ai significati che assume la singola opera, con i valori ad essa collegati.
f. Restauro: Il restauro è l’intervento diretto sul singolo manufatto del patrimonio, tendente alla conservazione della sua autenticità ed alla acquisizione di esso da parte della collettività.
g. Progetto e restauro: Il progetto come consequenzialità di scelte conservative è lo specifico procedimento con il quale si attua la conservazione del patrimonio costruito e del paesaggio.
Dopo Atene e Venezia, Cracovia
di Alessandra Knowles
La Carta Internazionale di Venezia per la Conservazione e il Restauro di Monumenti e Siti del 1964, da taluni considerata in sé un “monumento”, elaborò a suo tempo fondamenti teorici e approcci metodologici che rimangono a tutt’oggi per la maggior parte validi.
La Conferenza Internazionale sul Restauro di Cracovia ha voluto essere un’occasione per riflettere sulle implicazioni del progressivo ampliamento del concetto di monumento e per fissare quelli che dovrebbero essere gli obiettivi della conservazione del patrimonio alla luce delle nuove esigenze emerse nel contesto culturale della fine del secondo millennio. Se da un lato la Carta di Venezia non poteva prevedere la portata di questo ampliamento, dall’altro sembrò presagirne la direzione. Nei documenti precedenti - risale al 1931 la Carta di Atene - i principi della conservazione erano legati ad esigenze di tipo politico-nazionali per le quali il monumento, nella sua accezione di opera architettonica, era oggetto di salvaguardia sulla base di giudizi di valore di tipo formale e storico. Il diffondersi nel secondo dopoguerra del principio di “interesse pubblico” mise in luce la necessità di ricollocare la nozione di monumento all’interno di un contesto inteso in termini sia artistici che sociali. In questo senso va letta l’estensione, operata nella Carta di Venezia, della nozione di monumento storico che comprende “tanto la creazione architettonica isolata quanto l’ambiente urbano e paesistico che costituisca la testimonianza di una civiltà particolare, di una evoluzione significativa o di un evento storico” incluse opere di minor importanza che avessero “acquistato un significato culturale”. Lo scopo dell’intervento di restauro rimaneva tuttavia quello di “mettere in rilievo i valori formali e storici del monumento” giudicato autentico sulla base di criteri di natura essenzialmente materiale e formale. Nel corso dei successivi trentacinque anni un numero crescente di Dichiarazioni, Documenti e Carte Nazionali si affiancarono alla Carta di Venezia estendendo ulteriormente la nozione di patrimonio fino a includere città storiche e aree urbane, architettura vernacolare, industriale e moderna, giardini e paesaggi storici; in altre parole i “luoghi di rilevanza culturale”, come si volle definirli nella Carta di Burra (Australia, 1979), il cui valore “per le generazioni passate presenti e future” si chiedeva venisse stabilito su basi estetiche, storiche, scientifiche e sociali. Si venne così delineando il concetto di patrimonio culturale, una nozione sufficientemente ampia da accogliere le istanze mosse dai rappresentanti di culture diversissime da quella europea e che in quest’ultima non si potevano riconoscere. Le problematiche emerse da un dibattito divenuto oramai mondiale, costituirono il sostrato del Documento di Nara sull’Autenticità (Giappone, 1994) nel quale si tentò di fissare dei principi universali che riconducessero i valori attribuiti al patrimonio culturale al concetto di identità culturale, intesa come diversità e pluralità da proteggere in quanto risorsa insostituibile di ricchezza per tutta l’umanità. Di qui la necessità di fondare i giudizi di valore e di autenticità del patrimonio culturale non su criteri fissi ma su una varietà di fonti di informazione riguardanti non solo la forma e la sostanza ma anche l’uso, la funzione, le tradizioni, il luogo, lo spirito. In questo complesso e articolato panorama si inserisce la Conferenza Internazionale sulla Conservazione di Cracovia che nel corso di tre anni di intensa attività si è adoperata per raccogliere, ordinare e fissare in un documento finale i molteplici aspetti del patrimonio costruito, nel pieno rispetto per sue valenze tangibili e intangibili. In questo contesto è emersa la difficoltà di stabilire dei criteri di selezione e metodologie universali e la necessità quindi di formulare una nuova strategia, il progetto di restauro, che garantisca flessibilità di scopi e risponda all’esigenza di un approccio multidisciplinare rispetto a istanze conservative anche molto diverse. Nel progetto risiede la possibilità di proporre una soluzione adeguata alle molteplici problematiche che oggi confluiscono nella materia della conservazione, non ultime le questioni di gestione economica e sostenibilità del patrimonio culturale. A testimonianza dell’importanza del fattore gestione, specialmente per quanto riguarda la salvaguardia di città storiche, centri urbani e paesaggi culturali, fa per la prima volta la sua comparsa in una carta una voce dedicata alla funzione di questo settore di competenza sia per quanto riguarda l’ottimizzazione economica del patrimonio sia per quanto riguarda la sua protezione dai fattori di rischio della “nuova generazione”. In quest’ambito si collocano non solo l’inquinamento, le speculazioni edilizie e la privatizzazione ma anche il difficile equilibrio fra i vantaggi economici e l’omologazione culturale legati al fenomeno del turismo culturale. Tuttavia il progetto di restauro si fonda proprio sull’equilibrio fra fruizione e protezione, fra sviluppo e conservazione, fra economia e controllo, realizzabile solamente sulla base di una comprensione approfondita e multidisciplianare dell’istanza conservativa. In questo particolare approccio risiede forse il puntodi forza della Carta del Restauro di Cracovia 2000 che ampliando gli scopi ed i principi della conservazione e del restauro ha messo al servizio della chiarezza metodologica della Carta di Venezia nuovi strumenti concettuali per la trasmissione del patrimonio culturale “nella piena ricchezza della sua autenticità”.
Criteri base per qualsiasi lavorazione:
Conservare l'autenticità dell'opera - Ogni ipotetica aggiunta dovrebbe, generalmente, essere riconoscibile e distinta dalla pre-esistenza per la quantità minima ma sufficiente a non sacrificare inutilmente l'unità figurativa propria di ogni singola costruzione. A tal fine è bene mantenere le preesistenze nel loro aspetto e nella consistenza originale.
La massima cura, invece, va riservata a quelle sistemazioni d'intorno e/o d'ambiente necessarie per prolungare naturalmente la vita delle fonti esterne, grazie all'eliminazione delle più gravi cause di degrado.
Evitare le imitazioni in stile - Una buona consuetudine consiste nell'evitare ingiustificati tentativi d'imitazione o di effetti di "finto antico"; ove occorre eseguire piccole ma indispensabili modifiche, è preferibile, senza sacrificare l'unità formale dell'opera, proporre calibrate e discrete espressioni aventi "una valenza espressiva di cultura contemporanea".
Evitare tentativi di rinnovamento dell'opera - Gli abbellimenti, gli imbellettamenti, le cosmesi, gli ammodernamenti generalizzati e qualsiasi forma di riconduzione al nuovo, di ripristino o di presunta ricerca dello stato originario dell'opera, sono operazioni che nulla hanno a che vedere con la conservazione.
In ogni caso occorre considerare che, il segno del trascorrere del tempo è un valore storico ed estetico di straordinaria efficacia. Rispettare, nell'eseguire qualsiasi genere di lavoro, il principio del minimo intervento - Nell'uso di qualsiasi tecnica, anche se poco invasiva e reversibile, occorre fermarsi poco prima del giusto, evitando in tal modo di eccedere o esagerare ed escludendo, in ogni caso, tutti quei lavori che non sono strettamente necessari (direttamente o indirettamente) alla conservazione dell'opera.
Rispettare il principio della reversibilità degli interventi - In questa ottica lavorare per "aggiunte" è meglio che per "rimozioni"; ogni aggiunta è, infatti, rimovibile, mentre l'atto del rimuovere è sempre irreversibile.
Rispettare i principi della compatibilità meccanica, chimica e fisica - Il rispetto della compatibilità fra i materiali costituenti la preesistenza e quelli a questa aggiunti per integrazioni o per riparazioni è una condizione che assicura all'insieme un comportamento omogeneo nel tempo. In tal modo si evitano le differenti reazioni alle sollecitazioni indotte dall'ambiente ed i conseguenti fenomeni di distacco, di scorrimento differenziale, di stati di coazione e/o di sovraccarico localizzato; Tali fenomeni sono notoriamente capaci di accelerare il degrado in corrispondenza delle zone poste ai margini dell'intervento.
Assicurarsi sull'effettiva durabilità degli interventi - La durata delle parti antiche e di quelle moderne (aggiunte) dovrebbe essere sostanzialmente uguale. Per le sostanze protettive e per i lavori di manutenzione si può accettare una durata di cinque-dieci anni, mentre negli interventi di sostituzione o integrazione la durata dovrebbe essere paragonabile a quella delle parti originali circostanti.
CRITERI VALIDI PER SPECIFICHE LAVORAZIONI:
Conformemente a questi indirizzi di metodo, le modalità per eseguire un corretto intervento sulle superfici delle fronti esterne degli edifici possono esemplificarsi nei seguenti casi:
Interventi sui materiali lapidei artificiali (intonaci)
L'intonaco si presenta ben conservato ma segnato in vario modo dal trascorrere del tempo;
In questi casi è possibile esercitare il massimo rispetto per la pre-esistenza limitando le operazioni al minimo indispensabile; ci si indirizza, quindi, verso la salvaguardia dell'intonaco senza rinnovarne il colore allo scopo di mantenere le tracce del suo passaggio nel tempo. Si provvede, quindi, a spolverare ed a consolidare le parti piu' erose o a riprendere ed a fissare i colori esistenti.
L'intonaco si presenta ben conservato ma il suo colore è irreversibilmente compromesso.
In questi casi diviene indispensabile rinnovare la coloritura delle fronti. L'intervento, tuttavia, non deve assumere un carattere eccessivamente competitivo o prevaricante rispetto alla figurazione nella quale si inserisce nè deve essere imitativo o mimetico nei riguardi dell'immagine architettonica; seguendo queste diffuse consuetudini si provoca una grave alterazione ai valori storici.
Il nuovo colore, quindi, non deve riproporre quello originario o uno fra quelli che lo hanno seguito; l'inserimento di un nuovo colore è rivolto a costituire un'aggiunta critica, cioè un apporto che l'odierna cultura può legittimamente recare alla soluzione del problema.
L'intonaco presenta zone (più o meno ampie) lesionate ed in fase di distacco.
In questi casi la demolizione è resa ingiustificata dalle tecniche che consentono la ripresa delle lesioni e la ri-adesione delle parti distaccate.
L'intonaco si presenta ben conservato ma in alcune parti (più o meno ampie) è assente.
La presenza di lacune (localizzate spesso alla base della costruzione per patologie da umidità di risalita) non giustifica (sia in termini culturali sia economici) nè la sistematica sostituzione dell'intero rivestimento nè la tinteggiatura delle fronti esterne.
In questi casi è opportuno procedere riparando le parti mancanti con l'utilizzo di malte cromaticamente controllate o utilizzando tecniche di tipo pittorico di ripresa in tinta.
L'intonaco versa in pessime condizioni ed è irrecuperabile o completamente assente.
In questo caso è vano riferirsi ad opere di conservazione o di manutenzione. Ci si trova di fronte ad un problema di reintegrazione dell'immagine, da condurre con rigore filologico e senso critico; gli edifici danneggiati hanno, infatti, perso la loro immagine assumendo l'aspetto di figure mutile. Nel proporre un nuovo intonaco, quindi, occorre evitare ogni tentativo di riproporre un inverosimile stato originario o di perseguire effetti di finto antico o di imitazioni in stile. Occorre risolvere i problemi di reinterpretazione dell'edificio, operando aggiunte da definire caso per caso entro i limiti cromatici, storicamente circoscritti, proposti dall'ambiente.
Interventi sui materiali lapidei naturali:
Gli elementi lapidei si presentano ben conservati:
Intendendo per buona conservazione una condizione in cui gli apparati decorativi, pur presentando i consistenti segni del trascorrere del tempo, si presentano formalmente integri e privi di lacune, le operazioni di manutenzione consistono nell'eseguire una leggera ma accurata pulizia. Ove particolari condizioni di aggressione ambientale hanno causato la formazione di croste (di natura chimica , inequivocabilmente attiva ed evolutiva) è corretto operare un intervento di pulizia piu' spinto ma solo nel pieno rispetto del principio del minimo intervento ed evitando di cancellare irreversibilmente i segni del tempo.
Gli elementi lapidei si presentano, in genere, ben conservati ma presentano piccole lacune.
Ferme restando le indicazioni di metodo del caso precedente, occorre distinguere i seguenti casi:
la lacuna consiste nel forte degrado di pochi elementi in pietra da taglio privi di decorazioni ma con precise funzioni costruttive.
In questi casi, procedendo per tassellature o con la sostituzione di alcuni elementi non si altera, in genere, l'integrità dell'opera.
la lacuna consiste nel forte degrado o nell'assenza di una parte di un apparato decorativo.
Gli interventi possono consistere in piccoli aggiustamenti; tutto ciò a condizione che quest'ultimi risultino distinguibili, reversibili ed utili per la salvaguardia dell'opera e che non si pongono come tentativi di interpretazione in stile o di copie.
Gli elementi lapidei si presentano fortemente degradati da consistenti lacune.
Quando gli apparati decorativi hanno perso la loro immagine assumendo l'aspetto di figure mutile, ci si trova di fronte ad un problema di reintegrazione dell'immagine, da condurre, come indicato nel caso dell'assenza degli intonaci, con rigore filologico e senso critico.
Occorre evitare ogni tentazione di restituzione in finto antico o di imitazione in stile. Si devono quindi, risolvere i problemi di re-interpretazione dell'edificio, operando aggiunte da definire caso per caso senza rispondere a regole prefissate o a dogmi; si cercherà di re-inventare , di volta in volta, con originalità i criteri ed i metodi di intervento.
E' preferibile, in questi casi, senza sacrificare l'unità formale dell'opera, proporre delle calibrate e discrete soluzioni avente una valenza espressiva contemporanea; il tutto con la consapevolezza che l'opera da restaurare, una volta indagata con sensibilità storico-critica e specifica competenza tecnica, suggerirà essa stessa la corretta via da interpretare.